martedì 23 dicembre 2008

La BRANDA Bassotti

Riceviamo e pubblichiamo:
"Abbiamo imparato a far cappelli dall'inventore della brandamaglia: Luciano Ghersi.
Samo babini dai 6 ai 10 anni e ci siamo messi il nome di BrandaBassotti.
Passiamo un pò del nostro tempo ritrovandoci per fare questi cappelli,raccontarci storie.
Abbiamo deciso di metterli in vendita e per ogni cappello venduto un altro (o il suo valore) verrà regalato a un senzatetto attraverso l'associazione Fuoribinario.
Se lo comprerai riscalderai 2 teste. "
LA BRANDABASSOTTI

Presepe più vivente 2


Comunicato Stampa
Presepe più vivente a Porchiano del Monte - Frazione di Amelia (TR)
Nel borgo medievale di Porchiano del Monte (TR), l'ass. "Gli Amici del Presepe", presenta la seconda edizione porchianese del Presepe più Vivente.

Certamente, ci sono moltissimi eventi del genere e specialmente in Umbria, almeno dai tempi di san Francesco. Ma è straordinario che un borgo piccolo come Porchiano sia riuscito a coinvolgere un così grande numero di personaggi. Infatti, sulla scena della sacra e popolare rappresentazione, quest'anno oltre ottanta paesani saranno impegnati ad interpretare le attività tipiche e tradizionali. D'altra parte, l'impegno volontario di questo paese è già noto da anni per le manifestazioni dell'Estate Porchianese. Insomma, fra gli altri presepi, questo promette qualcosa di speciale e anche il Comune di Amelia ha creduto fermamente all'iniziativa tanto da riconoscere ad essa il proprio patrocinio. Lo scorso anno l'evento era stato annunciato con una citazione sul presepe da Giorgio Manganelli proprio a sottolineare l'idea di una partecipazione attiva e corale alla sacra rappresentazione e quindi alla "celebrazione dell’inizio del Significato.” Quest'anno i Porchianesi hanno invece scelto "SOGNO DI NATALE" di Luigi Pirandello per augurare a tutti Buon Natale

Saranno offerte degustazioni dei prodotti tipici locali. L'ingresso al presepe è gratuito.
Porchiano del Monte - Frazione di Amelia (TR) il 26 dicembre 2008 e 6 gennaio 2009, ore 17.00-20.00

giovedì 18 dicembre 2008

giovedì 11 dicembre 2008

mercoledì 3 dicembre 2008

6-8 DIC mostra a Bomarzo

BrandaMaglia.2: LE FOTO

BrandaMaglia.2: LA MOSTRA




FACOLTA' di TESSERE

Il Filo e Il Ferro
BrandaMaglia in mostra a Porchiano

21 Dicembre 2008 - 7 Gennaio 2009

Il periodo natalizio è dedicato tradizionalmente all'arte tessile della BrandaMaglia, che lavora sul ferro delle reti da letto rottamate con il filo dei recuperi fashion. La Facoltà di Tessere a Porchiano apre i suoi Corsi di questa disciplina assieme alla mostra Il Filo e il Ferro, con dei rari lavori a BrandaMaglia realizzati dal suo stesso inventore (Luciano Ghersi).
Nella copiosa sezione Retrospettiva, si espongono accessori di abbigliamento, campionari di maglia complessa e prototipi sperimentali come il Cappuccio da Pirata Informatico, realizzato interamente con mouse da computer, oppure il Casco Anti Infortuni per Ciclista, realizzato con vecchie gomme da bici. O ancora la Berretta per Rasta in pura canapa, il Fashion Cap in ritagli di seta leopardata e una Sciarpa Cuffia, già pure esposta al Museo delle Arti Popolari di Buenos Aires nella mostra italiana "La Sciarpa", curata dell'Ass. Cult. Coordinamento Tessitori.
La sezione Attualitˆ de Il Filo e il Ferro presenta i recenti sviluppi della BrandaMaglia primitiva. Qui si trova perciò la FiascaMaglia, rivestimento per vetri a vino da 5 lt. in spago agricolo di polipropilene o in fibra vegetale di sisal. Passando alle fibre più morbide e a più rutilanti colori, si trova un'ampia gamma di Gorgiera Invernale, il collare elegante per le dame freddolose... e cavalieri pure: è un modello unisex.

INAUGURAZIONE Donenica 21 dicembre ore 17
ORARIO tutti i giorni ore 17 - 20, saltuariamente pure al mattino o su appuntamento.
WEB INFO http://porchiano.blogspot.com
CONTATTO Luciano Ghersi tel. 338 6762691

NUOVA AULA TABACCHI

La Facoltà di Tessere a Porchiano del Monte ha un'altra nuova sede: è la ex Tabaccheria, che sta precisamente nella piazza centrale di Porchiano, su dentro le mura. Anche questa nuova aula di Facoltà ha una storia gloriosa, controversa e socialmente significativa... ma per ovvia brevità, la si chiama d'ora in poi: "Aula Tabacchi". Così anche gli studenti fuori sede non si perderanno a cercarla per tutta Porchiano: sta nella piazza che è in cima al paese, a sinistra del vecchio tabernacolo a moneta per telefonare. Chi ha rinunciato al pullman, può arrivarci un automobile, forse parcheggiarci pure... e purtroppo.
Oltre ai Corsi già in programma di Telaio Vero, si fanno i nuovi brevissimi Corsi di BrandaMaglia, con il sussidio didattico della mostra "Il Filo e Il Ferro", retrospettiva e attuale BrandaMaglia.

giovedì 20 novembre 2008

BrandaMaglia.2: LA FIASCA

L'Età del Ferro fu poi la più dura:
i ferri erano armi, cui si metteva mano.
Si mettevano a ferri i delinquenti,
pazienti sotto ferri e così via.
Si infilavano ferri persino nei letti:
come antenne per captare sogni ferrei,
che irrigidivano pure il riposo.


Ho rimesso mano al ferro, che si cava da reti di letto rottamato. Di preciso, non saprei com'è successo. Forse un motivo abbastanza preciso fu lo sgombero forzato dall'Aula Sacramento (LINK). Costretto a smantellare i telai da tessitura della Facoltà di Tessere, avrei limitato la mia facoltà di tessere a quel piccolo attrezzo, riciclato e portatile, che è il celebre ferro da BrandaMaglia (LINK).



Potrei dir anche di aver ripreso il ferro per infiascarci le dame o damine da vino (cioè i bottiglioni in vetro da 5 lt.) e per inventarmi un certo interscambio con l'agri-futurismo dei vinificanti (LINK). Per ricevere cioè, una dama nuda, ma piena di vino, in cambio di una dama desolatamente vuota e però, rivestita in BrandaMaglia antiurto. Come si sa (o si dovrebbe sapere) il flusso vinifico agri-futuristico va anche a fluire dentro alle dame. Queste sono in generale, assolutamente fragili, non appena denudate del rivestimento. Come si sa (o si dovrebbe sapere), le dame sono in genere dei meri recipienti "usa e getta" per il vino o per l'olio commerciale, e sono rivestite alla meglio con una fune di carta che imita la Scarsa, che sarebbe la pianta fibrosa dei fiaschi tradizionali. Però quella moderna funicola cartacea non è affatto intrecciata ma è solo incollata alla svelta sul vetro.

E quando tale dama non finisce al cassonetto (differenziato magari), ma la si ricicla immediatamente, sciacquandola e riempiendola di vino assai migliore, il rivestimento sommario si distaccherà ben presto, lasciando la dama completamente nuda ed esposta ai colpi dell'avversa fortuna (come direbbe Shakespeare) sicché, porka madoska, la damina te se scoccia (come dicono altri). Si danno pure in vendita certe dame vergini e intatte da vino. Son rivestite in plastica con impressioni di presso-fusione, ispirate a quegli intrecci dei fiaschi d'una volta: è un compromesso artistico tra stile e design. Ma pure queste vestine di plastica durano poco e, ri-porka madoska, se ri-scoccia la damina.

Ho rivestito a BrandaMaglia qualche dama (che è da allora in FiascaMaglia) con spago da presse. Come si sa (o si dovrebbe sapere) è quello spago agricolo in polipropilene che serve a legare le balle (o le presse) di fieno. Se ne trova di vari spessori, pare migliore quello da roto-balle, che può meglio trovarsi di seconda mano. Perciò è già sezionato a misura del diametro di roto-balla e con certi nodi duri da sciogliere. In compenso, si trova di vari colori, tutti piuttosto brillanti, così che la sequenza dei fili segmentati provocherà certi effetti cromatici in FiascaMaglia. Insomma, c'è già un'arte nelle cose: la famosa coincidenza organizzata o spontanea poesia della natura.

Poi, vedi caso o necessità, ho vestito le dame anche di Sisal, che la fibra vegetale ricavata dall'agave omonima e che anticamente legava le presse, prima di questo spago moderno in polipropilene. Se qui, per esempio e per l'amor di Dio, un critico d'arte moderno si distogliesse dal senso e valore di un teschio rivestito in diamante, intitolato appunto "Per l'amor di Dio" e battuto in asta a Sotheby per cinquanta milioni di sterline... persino quel critico coglierebbe qualcosa di nuovo, ed insieme di antico, e così troverebbe magari una chiave di accesso alla rete (rete appunto però concettuale) dell'universo agri-futuristico. Per le armi della critica, varrà precisare che, nel caso delle dame in FiascaMaglia, pure lo spago in sisal, come già quello in plastica, è a tutti gli effetti un "object trouvé", come dire che è un oggetto trovato senza troppo cercarlo e, soprattutto senza comprarlo. Pure la FiascaMaglia in teoria, non si compra né vende: è soltanto ceduta contro dono di vino equivalente... Il che aggiornerebbe pure, oltre alle armi della solita critica, anche la critica delle solite armi.



Un terzo motivo di questo "BrandaMaglia revival" sarebbe a suo modo, meno materiale dei due precedenti, cioè dello sfratto e del vino. "It has something spiritual", come dicono gli Ewe quando parlano inglese. Ecco che allora, al tempo delle origini, delle prime avventure fiorentine di BrandaMaglia, troppe reti da letto si recuperarono grazie al netturbinaggio dell'anarchico Signori, Enrico che è appena defunto e c'è pure il funerale su YouTube (LINK). Scusate se ne accenno spudoratamente, ma certi morti insigni si può farli sopravvivere, anzi si deve, nel retaggio da essi ispirato. Ora è come se da Enrico io avessi ereditato quel mucchio di ferraglia, cioè le reti occorrenti per centinaia di ferri da BrandaMaglia. Non riciclare tutto questo materiale, non farlo circolare e utilizzare, sarebbe un peccato davvero, soprattutto per un laico con certi valori. Ma questo sarà il tema della prossima lezione: "Brandamaglia Avanzata" oppure ".3" (punto tre), ove andranno rivestite le dame in carne ed ossa e pure i cavalieri ardimentosi. Dunque adesso come allora: brande al popolo.

martedì 21 ottobre 2008

Mirabilis Plexus Retiformis

Luciano Ghersi

Mirabilis Plexus Retiformis
dall’abito al tessuto sociale, culturale e spirituale (1)

Questa mostra si intitola "E(r)go iperbolico, un viaggio dall’abito al tessuto sociale, culturale e spirituale". Al di sotto del titolo, è citato Cartesio, l'inventore del celebre motto "cogito ergo sum" (penso. dunque sono). L"ego" o il soggetto, che è sottinteso nella frase latina, si riaffaccia nel titolo di questa mostra con prepotenza, con l'attributo pure di "iperbolico". Quell'e(r)go però, si può anche interpretare in senso Greco, cioè come ergon (opera, lavoro). Questa allora sarebbe una mostra di opere iperboliche, o magari di lavori esagerati. Esagerare è talvolta necessario e pure assai piacevole, sebbene le arcigne misure del classicismo lo disprezzino in quanto è volgare. Questa è una mostra di arte più o meno tessile, un'arte che oggi è pure coltissima ma che indubbiamente, è di origine volgare e cioè popolare. E' dunque soggetta all'iperbole o all'esagerazione di un Canone Grottesco, antitetico al Canone Classico di misura, unità ed equilibrio (2).
Qui c'è una mostra d'arte in una galleria. Oggi sembra normale che le opere d'arte vengano esposte in apposite sedi speciali però non è andata poi sempre così: la galleria e dopo questa, il museo, sono invenzioni piuttosto moderne, ciò non ostante inducono ad atteggiamenti antichi e liturgici. Qui, posti al cospetto di misteriose icone dipinte, potremmo aggirarci titubando e tubando formule evasive di apprezzamento, nel timore essere presi per degli infedeli, per degli incapaci di accedere agli insondabili misteri dell'arte.
Per fortuna, questa mostra non mostra dei dipinti ma delle opere d'arti più o meno tessili e la tessitura è assai più accessibile della pittura: ce l'abbiamo tutti dentro come un codice genetico... Un po' come ci starebbe pure la "Traviata", secondo il maestro Riccardo Muti, che spiega in tal modo, quanto quest'opera ci è sia familiare. Perché anche senza averle mai realmente ascoltato una Traviata, le sue note sono ormai diffuse per ogni tipo di musica, non solamente in quella operistica.
La familiarità con il tessile ci va ancora più stretta di quella che avremmo con la Traviata, e non si limita al fatto banale che tutti, dalla culla alla tomba, siamo sempre circondati e pure avviluppati di tessuti. Si racconta sempre il mito dell'ingegnoso uomo primitivo (nel seSso di donna, magari) che inventò la tessitura per la funzione termica di proteggersi dal freddo. Però questo mito appare smentito dalla raffinatezza e complessità che furono raggiunte dall'abbigliamento tessile in tante zone dal clima torrido, dove non ci sarebbe alcun bisogno di coprirsi. Ma già, si risponde che in certi casi, prevalgono certi intenti simbolici. Siano pure simbolici però con l'avvertenza che Non bisogna veder simboli ovunque, la vita diverrebbe impossibile (Oscar Wilde, Salomè, Atto I).

L'umanità non scopre le arti tessili allo scopo di per proteggersi dal freddo e nemmeno per esprimere simboli. Al contrario: è la invenzione della tessitura, nata per gioco e cresciuta per magia, che sarà in seguito eventualmente sfruttata per varie funzioni pratico-simboliche. Questa invenzione del tessile, in sé affatto in-utile e in-significante, ha condizionato invece l'origine del pensiero, cioè la tessitura non nasce dal pensiero ma viceversa: è questo che si origina da quella. Siamo molto orgogliosi del nostro pensiero, che ci porrebbe al di sopra di tutte le altre specie biologiche, e minerali. Eppure le strutture del pensiero, dalla lingue più arcaica fino alla rete globale di Internet, sono astrazioni e traslazioni di strutture tessili, insomma di volgari manufatti.
Ciò è dichiarato nella metafisica del celebrato Popolo Dogon (3) ma è duro da ammettere per molti filosofi: certi eredi del pensiero dei Greci si credono ancora che Atena, che è dea di sapienza e di tessitura, nascesse già armata ed adulta dal cervello di Zeus, sia pur grazie al martello di Efesto: un umile fabbro. E visto che lei, era di nascita, già tanto sapiente, alla dea venne in mente l'invenzione di tessere. Di lei tramanda però, anche un'altra brutta storia: quella avuta con Aracne, tessitrice migliore di Atena e, per ciò e per invidia, trasformata nel Ragno. Comunque, divino o bestiale che sia, il pensiero del tessile ci è molto familiare, come e più della Traviata...
La misconosciuta invenzione delle arti tessili consisterebbe nella creazione di certi legami, quali: il nodo, la maglia e il tessuto vero e proprio, che poi sarebbe il cosiddetto intreccio, incrocio o intersezione di trama ed ordito. Questi termini di "intreccio, incrocio, intersezione" sono mere metafore del concetto primario, che è appunto e nient'altro che "tessuto". Non c' è modo di esprimerlo compiutamente, ma solo per metafore: è un concetto primario. anzi, sarebbe "il" concetto primario.
Nodo, maglia e tessuto non sono affatto legami naturali. In natura si trovano i bozzoli, i nidi, le ragnatele, i grovigli di liane... ma si tratta di insiemi approssimati, non di strutture propriamente tessili e cioè tenute insieme dai predetti legami. Ovviamente, attribuendo a Natura un suo sviluppo storico, i nessi tessili saranno naturali, quanto ogni altro frutto della Evoluzione. Nondimeno in natura, tessono sempre e soltanto gli umani: è proprio questo il valore specifico, nel senso di specie biologica, dell'arte tessile.

L'arte tessile pone dei vincoli (4) tra gli elementi implicati, che sono in sostanza dei fili. Ciascun filo è un flusso omogeneo e coeso di fibre dette tessili, a posteriori. L'introduzione qui, del termine di flusso può sembrare arbitraria e persino tributaria del mito delle Parche, filatrici dei destini. E un motivo ci sarà, se il tempo destinato ci appare come un filo, che si torce in se stesso come il DNA... Filare è un gesto: è una azione corporea, che si è realizzata ancor prima del tessere, ammagliare o annodare, che poi saranno azioni altrettanto corporee, coi relativi effetti mentali. Umano e fatto a mano sarà il risultato, cioè: un mirabile plesso retiforme dove tutto è connesso e tutto si tiene, grazie alle fibre con i loro legami. Un singolo legame in sé, non determina molto, prescindendo dal contesto totale, che è la struttura dove tutto si tiene, grazie ai legami, di mano umana.
Certamente, anche in Natura tutto si tiene nella mirabile armonia del cosmo, ma la struttura tessile è più accessibile e più controllabile dalle normali facoltà mentali, perché è proprio quella che prima, le ha modellate. Le strutture tessili comparvero dapprima nei manufatti, poi si riflessero in vari modi di considerare e di organizzare famiglia, economia, società, lo spazio, il tempo e l'essere in generale... insomma a strutture sempre più mentali e più deprivate, rispetto alla ricchezza esperienziale e cognitiva del manufatto.
Se fummo fatti ad immagine di Dio, abbiamo sempre ambìto alla sua onniscienza. Però dovremmo sempre ricordare che possiamo (o potremmo) comprendere semplicemente delle strutture tessili, non certamente il complesso mirabile della natura, dove interagiscono forze e legami irriducibili a qualsiasi struttura escogitabile dalla mente umana, che formata dal tessile e sul tessile. Per questo, gli antichi raccontano che il nostro apparente universo non è altro che illusione: è come un velo, tessuto da Maya per nascondere e insieme, adornare realtà. In qualche modo eppure, questo velo rivela i fili e le fibre che ha in sé collegati: c'è insomma, un eccesso di senso nella nostra illusione. Sarà proprio questo eccesso di senso e di sensazione ciò che potrebbe guidarci nel nostro illusorio delirio tessil-mentale, che ha questa simpatica caratteristica: rivela, non esclude la natura dei propri componenti, che sono tante fibre disparate. Che sono magari delle fibre artefatte però non di meno, manterranno un Qual materiale, irriducibile al puro legame e di conseguenza, alla pura struttura tessil-mentale.

Tali e tante orrifiche premesse potrebbero forse, indurci guardare le opere tessili di questa mostra, e in generale, con una attenzione diversa da quella dedicata normalmente alla pittura. Perché questa ci presenta delle immagini, forme astratte o concetti con pennellate più o meno omogenee, mentre invece l'arte tessile, presenta se stessa come una coincidenza organizzata di fibre diverse, variamente coese e collegate. Si mostra per un verso, la struttura complessiva, che risulta dalle operazioni di aggregare e collegare serialmente elementi fibrosi. Per altro verso, si mostrano anche i suoi elementi molecolari: ciuffi di lana, fili, ritagli di stoffa, di carta... e via aggregando. Questa natura e fattura molecolare, ha sempre disturbato il gusto classico, per il quale "il bello ha da essere uno", mica molteplice, il che si ottiene più facilmente con la pittura che con il tessile. Francesco Vasari, ammirando certi arazzi tessuti per il Papa, nota stupito che il disegno gli pare non opera di fili ma di pennello. Quel disegno (tra parentesi) era di Raffaello.
Il Vasari è un esponente classico del PinacoCentrismo rinascimentale: il dominio che assegna alla pittura il primato tra le arti, perché solamente il Pittore esprimerebbe appieno l'interiore disegno progettuale, dapprima intuito o concepito nello spirito e solo poi concretamente disegnato. E' sempre ancora il PinacoCentrismo, che oggi infligge complimenti del genere agli artisti del tessile: "ma i Suoi sono dei quadri, non dei tessuti! Lei non è un artigiano, è un artista". Sicché invece, una mostra recente del genere fu correttamente annunziata così: "Sembrano quadri ma sono molto meglio: sono anche tappeti".
L'apprezzamento estetico del tessile presuppone ripetuti colpi d'occhio, diretti a gustare struttura, legami e le singole fibre dell'opera. Esso è purtroppo, oggi molto in ribasso. Oltre al dominio classico del PinacoCentrismo, per altro insidiato dal VideoCentrismo, ancor più deteriore, gli si oppongono i marchi della Moda, che sono il vero oggetto dell'apprezzamento. Ma è sopra tutto, il declino della manualità ciò che impedisce di apprezzare appieno il tessile. Quanto più i nostri gesti si impoveriscono, tanto più si affievolisce percezione tessile, e la sua conseguente Ragion Connettiva.
Oggi ho visto. finalmente dal vero, in museo qui a Lugano, un'esile scultura di Alberto Giacometti, che potrei quasi definire arte tessile, anche se è in bronzo, perché anch'essa non presenta una semplice immagine ma una complessa struttura molecolare. E' una figurina umana costruita con tante pallottole di creta appiccicate l'una sopra l'altra, come gnocchi di pasta schiacciati e con tanto d'impronta del dito. Sicché, la domanda rituale "che cosa vuol dire quest'opera? che mi rappresenta?", è superata da quest'altra domanda: "ma come l'ha fatta?". L'ha fatta, ovviamente a partire dai piedi e con enorme perizia statica. Il che alla fine, può suggerire ed esprimere il precario equilibrio del fragile essere umano... ma per la via del "fare" e dell'appallottolare, non più del "voler dire", del rappresentare e del significare.

(1) Ammirevole plesso retiforme: fantasiosa ipotesi anatomica del medico Galeno, citata da Rabelais in III libro di Pantagruele, Capitolo IV.
(2) Per il Canone Grottesco, vedi Michail Bachtin su Rabelais e radici popolari del Rinascimento.
(3) Vedi i libri di Griaule: Dio d'Acqua eccetera.
(4) Vincolo da "vinco", pianta dai rami flessibili, usata per intessere panieri e per legamenti agricoli, come per la vigna. La pianta è detta in Umbro espressamente "vìngulo".

E®GO IPERBOLICO
3 - 31 luglio 2008
Mya_Lurgo_Gallery, Piazza Riforma 9, Lugano (Svizzera)
Artisti: Eva Basile, Marisa Casellini, Gaia Clerici, Caterina Crepax, Mya Lurgo, Dania Zanotto
Interventi fashion: www.temporarylove.net
Installazione “intimo X versi” del poeta, filosofo Marco Bogliani
Presentazione della mostra: Luciano Ghersi
Sito internet: www.myalurgo.com
Info: + 41 (0)91 911 88 09, E-mail: myalurgo @ gmail.com

sabato 4 ottobre 2008

la trasfigurazione in lezione

la trasfigurazione dei campioni
lezione magistrale

Premessa filosofica e facoltativa

La Trasfigurazione di Cristo sarà pure un miracolo però non lo è di sicuro, la (mia)Trasfigurazione dei campioni. Qui non si contravviene a leggi naturali, come nei veri e propri miracoli: c'è puramente un'operazione tessile.
La tessitura ama la natura, non si sogna neppure di contraddirla, si somigliano troppo: ciascuna funziona per connessione totale dei propri elementi, ciascuna è a suo modo, un "tutto che si tiene".
Non deve ingannarci il disegno mostrato dal tessuto, dal paesaggio, dai corpi: quello è solo di facciata, è una maschera. La vera natura è che "tutto si tiene", come si dice comunemente, non badando alla portata esorbitante di questa banale espressione.
Vero è che la struttura intersecata delle fibre in trama e in ordito, sarebbe un'invenzione puramente umana (1) ma "anche l'uomo è natura" (2), sia pur evoluta o degenere quanto si voglia.
Che siano mai natura e tessitura, cioè la faccenda tutto-si-tiene, può capitare quasi di intuirlo e bene o male, di realizzarlo, nella Trasfigurazione dei campioni. Ciò dà conoscenza incerta ma piacere indubitabile. Cercatori del piacere o della verità, mettiamoci d'accordo, almeno sui campioni!
Ogni campione è sempre un modello: il campione sportivo è un modello di perfezione atletica, il campione industriale è un modello del prodotto effettivo. I campioni non sono perfetti in assoluto, un ulteriore controcampione potrà sempre superarli... è un discorso alla Popper, insomma: l'esperimento è valido soltanto se è oppugnatile, altrimenti sarebbe un dogma assoluto. Ciò sarà pure relativismo ma è più tollerabile di ogni assolutismo... e niente miracoli, grazie: tutto perfettamente naturale e, già dunque, è magico abbastanza.
Avrei voluto da grande, fare il filosofo. Sarà per ciò che ora faccio il tessitore, che mi pare ancor meglio: i fili sono meglio dei concetti, sono anche più antichi... ma nessuno è perfetto, proprio nessuno, neppure i campioni, come s'è appena scritto: E basta così.

Lezione tecnica e obbligatoria

Si tratta qui in realtà, dei campioni di tessuto industriale: ciascun campione è un esperimento di come si accordino insieme tanti fili diversi, di materiale, consistenza e colore differenti. Ciascun filo ha un suo carattere, sicché a volte si trovano accordi perfetti, altre volte sono proprio incompatibili e vengono fuori dei campioni falliti.

Non so perché li chiamino "campioni a fazzoletto": sono molto più piccoli di un fazzoletto normale, non sono neppure quadrati: ciascuno è un rettangolo di pochi centimetri. Ciò che importa è che quei fazzolettini se ne stanno tutti uniti in un lungo telo a scacchi, dove ciascuna casella è diversa da tutte le altre, magari di poco ma è un campione differente.

Così il telo dei campioni a fazzoletto è il contrario di una stoffa da arlecchini, può somigliarle superficialmente ma è proprio diverso nella struttura. Una stoffa Arlecchino è costruita "a posteriori" cucendo insieme tanti ritagli di stoffe diverse. Il telo dei campioni è invece tessuto "a priori" come unica grande pezza di stoffa: si tiene insieme fin origine. Poi ci si aprono delle finestre, perché certe caselle si tagliano via: sono loro i campioni prescelti, avranno il premio di andare in produzione.

Così il telo dei campioni è un pezzo unico dall'aspetto molteplice, che però non può dirsi caotico. Lo si direbbe meglio variegato perché è effettivamente, un complesso di varianti imparentate tutte tra loro: ha certi ritmi riconoscibili, nel flusso dei fili che si collegano, in varie armature, fra trame ed orditi.

Una metafora cara ai linguisti, racconta che l'ordito generale ed astratto di una qualsiasi lingua si concreta in trame particolari, cioè in testi enunciati effettivamente. Parimenti si può dire che ogni telo di campioni trascelga alcune voci di qualche ipotetico verbo (io tu egli... amo amai amerò... amerebbero, fossimo amati...). Il paradigma di questo verbo tessile è ancora più arbitrario di quelli linguistici ma non è certo libero assolutamente: ogni arbitro giudica e sceglie rispetto a certe norme. Qui innanzi tutto, il Primo Arbitro, cioè chi progetta i campioni, sarà condizionato dalla precisa "cartella colori" che la moda gli detta ogni nuova stagione.

Giocata la partita dei campioni e di qui, ritagliati i campioni vincenti che saranno promossi in produzione industriale, il telo superstite è affidato al tessitore artigianale, perché lo faccia a pezzi e in qualche modo lo ricomponga con il suo telaio a mano, magari con la scusa di farci dei tappeti. Il tappeto comunque, non è ciò che si pensa.

Per realizzare i cosiddetti tappeti (o cosiddetti arazzi, se preferite), si celebra un atro processo arbitrario, che è soggetto ugualmente ad altre regole: Scompositive e RIcompositive. La prima regola Scompositiva prescrive sempre di sezionare un telo per il verso dell'ordito. E' una regola assai ragionevole perché innanzi tutto, si ottengono stringhe assai più lunghe di quelle che invece, si ricaverebbero sezionando tutto il telo per il verso della trama. Si può caricare così ogni spola da tessere con una intera stringa, e dunque poi tramarla senza interrompere il flusso del "filo".
Le stringhe caricate sulle spole, differiscono tra loro rispetto a quei colori nell'ordito originario: ciascuna ha quel colore più o meno dominante. Qui il tessitore fa da Secondo Arbitro disponendo la sequenza delle spole (cioè dei colori), secondo il suo gusto e le sue regole Compositive: accodi e contrasti cromatici, simmetrie vere o false, oltre ai suoi vari totem culturali ed eventuali tabù formali.
Ma tutto è sottomesso alla regola maestra di tessere tutto, cioè senza escludere alcun elemento di un telo. Perciò certi pezzi o tappeti risulteranno più lunghi ed altri più corti: tutto dipende del telo di origine. Certi teli troppo corti, li si tesseranno insieme dentro a un unico pezzo, con ulteriori scelte o regolette.
Fin qui pare tutto ovvio: si tratterà in sostanza di un tappeto a fasce, il che è come dire a grossolane righe. Ma, pur avendo un suo ordito dal colore costante, ciascuna fascia o stringa non è mai omogenea cromaticamente e neppure del resto, materialmente, perché nella sua trama originaria si susseguono colori e fibre differenti. Questa sequenza è identica per tutte le stringhe del telo sottoposto a sezione. Così che poi, nel flusso delle spole, organizzato ora dal Secondo Arbitro, all'interno di ogni fascia compare un altro flusso: è la sequenza dei campioni originari, già organizzata da Primo Arbitro, con le sue regole di progettare un paradigma analitico di tessuti possibili, non un vero e solo tessuto. La sequenza compressa in ogni fascia rivela sempre gli stessi ritmi interni, che perciò si ripetono per ogni fascia, tra le variazioni dell'ordito variante.
Questo genera un ritmo complessivo, una composizione dove tutto-si-tiene, che per il Secondo Arbitro era solo vagamente prevedibile. E questo è il mistero della Trasfigurazione, che non significa tessere a casaccio e neppure obbedire a un disegno ma è piuttosto Coincidenza Organizzata.

(1) E' anzi il fondamento (e non certo il risultato) della cosiddetta sapienza dell'Homo Sapiens. Vedi "L'Essere e il Tessere" 2.2, Homo Textilis.

(2) Vedi Bruno Munari in "L'Essere e il Tessere" 10.4.1

Atti IV e V

martedì 22 luglio 2008

senza più Sacramento

Non ci hanno affatto scomunicati ma il parroco di Porchiano don Mario, richiede in esclusiva l'Aula Sacramento perché gli servirà per altri scopi.
Si è accordato lo sgomero di ogni attrezzatura per dopo Ferragosto.
Si ringrazia don Mario per l'ospitalità non invano concessa fin ora.
Quale altra aula, cantina o garage si troverà? S'intende, anche pagando il giusto affitto.

LEGGE DI MURPHY:
Più un paese si svuota, più gli spazi si riducono.

LEGGE DEL RAGNO:
Tu me la stracci ma io la ritesso.

Archivio e Facoltà, ATTI 1 - 3

mercoledì 16 luglio 2008

sabato 21 giugno 2008

lunedì 5 maggio 2008

il telaio prende il treno

Elia ha conosciuto in facoltà un Vero Telaio e lo convince a fuggire con sé.

Arte Pneumatica

domenica 4 maggio 2008

Cop-Rici-Sedile

Cop-Rici-Sedile è un tappeto annodato a mano in materiale riciclato, che si destina emblematicamente alle sedie, alle poltrone, ai divani e ai sedili d'automobile.

>>> SLIDE SHOW

Cop-Rici-Sedile sviluppa il concetto del tappeto Re-Jeans, che si destinava emblematicamente alla funzione di scendibagno, mirando ugualmente ad estendere l'influenza culturale del tappeto nell'area della vita quotidiana: dal bagno, alla sedia, all'automobile.
Il tappeto Re-Jeans era un tessuto piatto come una stuoia, fatto col classico telaio a pedali. Cop-Rici-Sedile invece, è tessuto in rilievo come un tappeto persiano, con l'identica tecnica dei nodi sull'ordito di un telaio verticale. Rispetto al tappeto classico, varia solo il materiale dei nodi, per i quali si riciclano vecchie stoffe lacerate: di jeans ma non solo.

Ammetto con orgoglio di essermi ispirato a un umile tappeto che
copriva la cassetta di una carrozzella di Marrakech: era già quello un copri-sedile, tessuto a mano annodando degli stracci. Ho variato soltanto la densità dei nodi, la trama di fondo e ma sì, anche il disegno.

Già il tappeto Re-Jeans, scendibagno in origine, assurge allo stato di opera d'arte nella prossima Triennale Internazionale di Tournai. Probabilmente, al Cop-Rici-Sedile, si prospetta un analoga valorizzazione.
Ma la Facoltà di Tessere non mira troppo al lucro, mira piuttosto al futuro dell'arte, che sta nella massima condivisione. Perciò si istituiscono due nuovi Corsi: per apprendere a tessere Re-Jeans e Cop-Rici-Sedile, con lo stesso materiale di stracci che ogni allievo recuperi.


>>> SLIDE SHOW

>>> Tappeti, automobili e sedie
note a margine di Cop-Rici-Sedile

domenica 20 aprile 2008

Si naugura il Preda a Palliccio

inaugurazione Progetto Educazione Ambientale PrEdA
Dal Comunicato LIPU Viterbo

Si trattava di rendere fruibile un territorio
già di per se interessante dal punto di vista naturalistico. L’area, di circa cinque ettari, messa a disposizione da privati, è situata nei pressi di Porchiano del Monte, lungo la sponda destra del fosso Palliccio. 

Si è realizzato un vero e proprio percorso botanico-faunistico 
a disposizione di chi volesse visitarlo. Saranno nostri ospiti scuole di ogni ordine e grado. Verranno organizzate escursioni notturne per gruppi durante le serate di luna piena, dedicate all’ascolto dei rapaci.

Tutti coloro che volessero farci visita saranno benvenuti
domenica 20 Aprile, alle ore 15,30,
all’inaugurazione del Progetto.

Vi aspettiamo.


giovedì 10 aprile 2008

Il tappeto è anche un film

L'uomo attraversa foreste di simboli
Che l'osservano con occhi familiari.
I profumi, i colori e i suoni si rispondono
Come dei lunghi echi, da lungi si confondono
In una profonda ed oscura unità,
Vasta come la notte e come la luce,
(Charles Baudelaire, Correspondances)



Non c'è bisogno di essere un sommo poeta come Baudelaire, per accorgersi delle "correspondances" tra gli eventi più vari della realtà, esteriore ed interna. Questa stessa percezione, o consapevolezza, è universalmente diffusa ed esplicita in tutte le culture primitive ed è impropriamente chiamata Magia. Come tale, è deprecata nelle persone normali ma è invece tollerata negli artisti. Baudelaire infatti, è apprezzato come poeta, per cui gli si perdona la condotta deprecabile della sua vita poco normale.

Osservo a lungo una foto del tappeto Boujad detto "il Viola", che ho appena ceduto a Daniel Spörri, l'artista celebre per i suoi ribaltamenti di Table in Tableau, cioè di tavola imbandita (Table al femminile, e orizzontale) in quadro pittorico (Tableau al maschile, e verticale). Naturalmente Daniel, prima di ribaltare, incollava posate, piatti, bicchieri e avanzi di cibo, perché non gli franassero per terra.
Avevo scattato la foto del "Viola", quando il tappeto stava con me ma non l'avevo mai bene osservata: mi gustavo assai meglio l'originale. Adesso che il Viola non sta più con me, mi trovo a scrutarne la foto con diversa e maggiore attenzione.
Anche qui ci sarebbe qualcosa da dire sulla percezione o consapevolezza: il tappeto è normalmente impercettibile nella stessa maniera di una foto o di un dipinto.
Questa differenza nelle percezioni è dovuta a un fatto fisiologico e posturale: non si può percepire un oggetto sul muro come il Quadro (e su un muro virtuale, ci sta anche la Foto) alla stessa maniera in cui si percepisce un oggetto steso al suolo come il Tappeto, che pure è, tradizionalmente, occupato da persone, tra le quali sta lo stesso osservatore. Rispetto a questa norma percettiva, la visione del Tappeto in museo è ovviamente un'eccezione.
Rispetto alla Foto e al Museo, la percezione domestico-borghese del tappeto è invece limitata da un differente distacco spaziale o, in termini umani, psicofisiologico. Da una parte, il con-tatto diretto con la pittura è vietato perché la si potrebbe contaminare con qualche impurità: qui si avverte qualcosa di sacro nell'arte. D'altra parte, nel tappeto si avverte qualcosa di impuro o di antigienico, il che è dire lo stesso in termini scientifici. Per questo, è vietato toccalo o, ancor peggio, è vietato sedersi o sdraiarcisi sopra. In questo caso non è più l'oggetto ma è il corpo, o il soggetto, quello che rischia di contaminarsi con elementi impuri: polvere, acari e microbi.

Dicevo che guardando la foto del Viola, ho dato al tappeto un "colpo d'occhio" completamente diverso: non solo una visione panoramica, anche una sequenza di inquadrature, colpi dì occhio in sequenza come in un film. Proverò a raccontarlo, senza alcuna pretesa di oggettività: ciascuno proietta le sue esperienze e le sue aspirazioni sulla pellicola che è proiettata. E' un fatto anche questo di "corrispondaces".

my boujad rug  07


Primo Tempo. Dopo un preludio di note introduttive, in primo piano, all'inizio del tappeto, si allarga una sorta di medaglione ma evidentemente, il regista non padroneggia o non si interessa troppo del canone compositivo dei medaglioni concentrici. La sua prima inquadratura sembra imitare ed ingigantire un motivo di origine anatolica, direi, senza spingermi oltre e ancor più a ritroso, rispetto alle avanzate turcomanne dall'Oriente.
Invece, il nostro tappeto Viola è tessuto nell'estremo Occidente: nel Paese del Tramonto, che è in Arabo "El Mahgréb" ma che noi si pronuncia Morrocco o Marocco. Precisamente, il tappeto è tessuto a Boujad, dove una cultura berbera precede e sopravvive alle avanzate dall'Oriente. Tant'è vero che, al centro di quel medaglione importato e raffazzonato, si vede proprio un Sesso Matrixiale, pur se adombrato da fronzoli gialli perimetrali. E pure ai lati, volendo interpretare, si schierano ancelle della Dea Madre, magari le Nuore.
Secondo Tempo o se preferite, in secondo piano o meglio ancora su al secondo piano. Il campo si alza e si allarga per inquadrare una serie di figure e di personaggi, riuniti come ad una festa familiare, la piazza di un mercato o una moschea. C'è chi ha dei canestri o delle anfore in capo e chi alza le braccia. Stanno attorno a qualcosa che non è un medaglione concentrico ma è piuttosto una forma che si erige e sviluppa come un virgulto o lo zampillo di una fontana o il profilo di un enorme lampadario da moschea.
Terzo Tempo o terzo piano. Il campo si innalza ulteriormente ma si restringe come in uno zoom. Ricompare il Sesso Matrixiale senza più fronzoli perimetrali e neppure inquadrato dentro il recinto del medaglione. Così è libero di accrescersi oltre misurata. Se prima il Sesso era completamente bianco, adesso non ha più quel candore virginale ma è gravido di forme e colori in gestazione.
Un falsh back che inquadra l'intero tappeto, ci rivela un'evidente simmetria tra le due apparizioni del Sesso Matrixiale. La simmetria che si incentra sull'asse della figura centrale di virgulto o zampillo o, diciamolo pure, di Sposo a cavallo, che avanza di fronte verso lo schermo, infiocchettato nel costume nuziale.
Mentre al di sopra, o dopo, il Matrixiale gravido non è più fiancheggiato più da Nuore ma da due tozze croci. Queste due croci sono, con il medaglione iniziale (e con il sorprendente finale, che ora non posso ancora rivelare) le sole forme dai contorni diritti in tutto il tappeto: tutto il resto ha dei contorni obliqui.
Ora una nota, diciamo, tecnica. L'aggregazione creativa dei nodi si sviluppa nel tappeto, e spontaneamente, in forme diagonali. Chi tesse può trascegliere linee direttrici diagonali che derivano (e deviano) dal concreto reticolo di base, creato dall'incrocio della trama con l'ordito. Ma diverso è il supporto nei tatuaggi: l'epidermide non ha di tali griglie, è allora il coltello che inventa gli incroci mentre li incide con simmetria. E perciò, qui le due croci sono tatuate sulle guance del tappeto, come su quelle delle spose berbere e l'Antropologo è libero di aggiungervi marchi ulteriori d'identificazione.
Poi il film si avvia a concludere con due catene o due carovane di figure matrixiali minori che si allontanano in parallelo. Rispetto allo spazio, le carovane sono ascendenti ma, siccome ogni tappeto si tesse verso l'alto, le figure superiori sono più recenti, perciò, in senso cronologico sono discendenti. Attorno a ogni catena delle Discendenti che si allontano, si aggirano le forme dei futuri Sposi.
C'è infine l'inatteso titolo di coda di una scrittura indecifrabile ma che è indubbiamente, di carattere latino e non arabo. Escluderei perciò, si tratti di una firma, che del resto, sarebbe del tutto inusuale. Piuttosto può darsi che l'artista qui si ispirasse a un cartello stradale o all'insegna di un negozio. Del resto, lo faceva anche Rimbaud, poeta e collega di Baudelaire per le "correspondances" tra gli enti e i livelli più vari della realtà, inclusa, ovviamente la propria psico-fisicità.

Certe figure e composizioni tessili, pur nella loro astrazione, "corrispondono" (nel senso di Baudelaire) a certe scene che l'artista ha salvate in memoria. Non soltanto a scene ottiche: la memoria si situa nel cervello ma anche in tutto il resto del corpo. Nel nostro caso, le mani che tessono, possono ispirarsi al battito di un ritmo musicale.
Una qualsiasi scelta formale non implica per forza l'adesione a un esplicito e univoco valore simbolico, che sarebbe religioso in caso di moschee, antropologico in caso di spose, eccetera. Naturalmente. le mie letture univoche del tappeto Viola sono limitate e condizionate dal distacco che impone la fotografia: non stavo sul tappeto, guardavo la sua foto come un film!
Un artista, anche o soprattutto se primitivo, può adottare una forma che appunto, "corrisponda" ad una qualsiasi altra realtà concreta od astratta ma sempre percepita nel corpo, perché chi percepisce è sempre tutto il corpo. La coscienza ne è solo il ragioniere, forse arrogante ma è sempre un dipendente.
Personalmente, e senza neanche accorgermi, c'era un paesaggio che mi ha ispirato a tessere: era il paesaggio agrario che mi circondava, Non solo lo vedevo, ne ero immerso: percorrevo con i piedi i suoi tracciati, sui confini tra i campi, i boschi e filari, tutti improntati di tradizione, di moderna agritecnica, di regime ereditario dei fondi, oltre che dalla famosa Natura. Poi a casa tessendo, credevo che il mio piccolo campo si limitasse al telaio, lì dove la mia mente giocava con le mani. Per fortuna nel mondo, c'è molto di più, e altrettanto, nel telaio e nelle mani. La mente è un eufemismo, come la realtà.

>>> Leggi anche "La Tessitura NON è quello che pensi".

lunedì 7 aprile 2008

Nuova Aula Sacramento

Il Parroco di Porchiano
concede il Sacramento
alla Facoltà di Tessere.
Si chiarisce l'equivoco ai non Porchianesi, i quali ignorano probabilmente che "Sacramento" è qui solo il nome di un'aula parrocchiale che reca all'esterno un antica formella in travertino, dov'è scolpito un Calice con l'Ostia. Questo è il simbolo appunto, del Sacramento eucaristico ed è anche l'origine del nome dell'aula. La quale starebbe in Vico San Biagio 2 ma siccome è quasi ignoto ai Porchianesi, si consiglia al forestieri smarriti di chiedere del Sacramento, dirimpetto alla chiesa di San Simone.

>>> SLIDE SHOW
Esterno e interno di Aula Sacramento con varie attrezzature.


Il Telaio del Bottaio
In aula predomina, per la sua mole, un autentico telaio contandino, in gelso e ciliegio, di gusto elegante e provvisto di una pregevole ruota dentata interamente lignea. L'intero telaio fu costruito negli anni '40 a Montevarchi in provincia di Arezzo, quando tornarono alla tessitura a mano, per sopperire alla difficoltà, dovuta alla guerra, di procurarsi panno industriale. Così a volte, s'inceppa le modernità e l'uomo ricorre alle sue tradizioni. Questo cimelio, è insomma, un precursore dell'AgriFuturismo.
Lo ricevetti in dono dal suo stesso Artefice, contraccambiando con una coperta tessuta da me. Ho riattato, completato e sviluppato il telaio nel 1984, con ingenier Sergio Murru alla Triana (GR), dove lo usai fino al '98 per tessere arazzi normali ed estrose astrusità come ad esempio, gli Ex Libris e primi pannelli in filo spinato.
Poi il Telaio del Bottaio rimase piuttosto inattivo, perciò inevitabile preda dei tarli. Lo ho portato a Porchiano, disinfestato e restaurato nuovamente. Ora attende un progetto eccezionale e condiviso con Allievi.

Le attrezzature in Aula sono elencate al POST:


Inventario dell'Armamentario

Telai e Accessori di Tessitura
a disposizione della Facoltà


1 Attrezzatura In Aula Sacramento

1.1 Attrezzatura antico-tradizionale
1.1.1 Telaio del Bottaio. Un autentico telaio contadino, in legno di gelso e ciliegio, costruito negli anni '40 da un anonimo bottaio di Montevarchi (AR), già riattato funzionalmente nel 1984 con ingenier Sergio Murru alla Triana (GR). Cimelio precursore dell'AgriFuturismo:
leggi al Post Nuova Aula Sacramento
1.1.2 Filarello a pedale di anteguerra. Interamente ligneo e di originale ebanisteria, proveniente dalla mia Bisava ne contado di Vicenza. Riattato nel 2007 dal restauratore antiquario Bernardini di di Castel del Piano (GR).
1.1.3 Incannatoio di Enea (vedi sotto xxxxx). Realizzato negli anni 20/40dal tessitore Enea (vedi sotto 2:2:1) con ruota di bicicletta, legno, cartone e ferraglia di recupero.
1.1.4 Collezione di Pettini da tappeto Sardi, Turchi, Berberi, Saharawi e rastrelli per olive in plastica e/o metallo.
1.1.5, 1.1.6 Incannatoio ed Annaspo Ewe per tessitura Kente, originali del Ghana.

1.2 Attrezzatura di ricerca

1.2.1 Prototipo didattico del telaio verticale "Vero.0.
1.2.2 La serie "Vero.1" di dieci telai verticali, realizzati con Andrea Silvestrelli falegname in Porchiano e già utilizzati nel 1° Corso.
1.2.3 Telaio Portagrucce. verticale più grande, realizzato con un vecchio appendiabiti e già utilizzato per tessere il tappeto "Porchiano", opera tessile selezionata per prossima "Triennale di Arazzeria Contemporanea" a Tournai in Belgio.
1.2.4 Corone per Brandamaglia, e relativi Manuali.

2 Attrezzatura in depositi

2.1 Attrezzatura antico-tradizionale

2.1.1 Telaio del Poro Enea. Telaio a pedali predisposto al tiralicci meccanico dal tessitore Enea di Arcidosso negli anni 20/30. Struttura originale di recuperi lignei e metallici. Restauro funzionale del 1995 con l'antiquario Massimo Bernardini di Castel del Piano (GR) e modificato con elementi di telaio rustico, legnami e ferraglia di recupero.
2.1.2 Telaio di Pina. Grande telaio sardo da tappeti con subbi a putrella girevoli. Ceduto negli anni '80 dalla tessitrice Pina Crasta a Nule (SS). Passato al Continente in furgone, treno, traghetto, autolinea e carriola... fino al mio studio che non c'era più strada.
2.1.3 Telaio di Daniel. Telaio modulare da tappeti con liccio a dischi e subbio chiodato. E' collegabile con uguali telai per ottenere tappeti più larghi. Recuperato con altro otto esmplari negli anni '70 dal tessitore Daniel Griseri in un laboratorio ligure dismesso.
2.1.5 AfroTelaio.1. Otto telai per tessitura Kente dalla serie AfroTelaio.1, equipaggiati con elementi africani, originali del Ghana. Struttura in pali di castagno e bulloni, realizzata con l'ebanista Claudio Calvenzani a Murci (GR) nel 2001. LINK

2.2. Attrezzatura di ricerca
2.2.1 AfroTelaio.0 per tessitura Kente. Struttura di recupero da scaffalature metalliche, 2001.
2.2.2 Telaio Mezzo Due. Grande telaio pedali e spola volante, realizzato aMonticchio (PG) nel 1980 con il falegname Gunther Mezzo Due (da Ted. Mittenzwei). Ispirato alla struttura cubica di certi telai della Puglia, era in origine un cubo di 2,50 m per lato. Ebbe incorporata una scala per raggiungere un soppalco.
Poi fu ridotto per motivi di spazio. Utilizzato per i tessere i Teli a Ordito Deviante.
2.2.3 Telaio Riciclante. Due esemplari della serie di quattro telai a pedali, realizzati con rottami metallici della Coop Toscana Lazio, nella sua Officina Manutenzioni di Vignale-Riotorto nel 1995. Esemplari utilizzati in Cantieri di Arte Pubblica e Riabilitazione.
2.2.4 Telaio Mocenni. Grande telaio metallico di probabile disegno Romanelli, equipaggiato con tiralicci, subbio sezionale in Pollici Inglesi e predisposto per spola volante. Ceduto negli anni '90 da Laura Mocenni di Siena.
2.2.5 Vare reti da letto di recupero, riciclabili immediatamente come telai verticali.

A seguire
Inventario dei Libri e di Collezioni Tessili, pure in attesa di collocazione.

venerdì 4 aprile 2008

Corso di APRILE

Facoltà di Tessere a Porchiano del Monte (Umbria)
http://porchiano.blogspot.com/
Corso di Tessitura con Telaio Vero


INSEGNANTE
Luciano Ghersi
http://lucianoghersi.blogspot.com/

PROGRAMMA
Il Corso è aperto a tutti gli inesperti e consente di esperire l'intero processo della tessitura con un telaio verticale ispirato ai modelli tradizionali.
Ogni allievo dispone di un telaio individuale e di tutti i materiali necessari. Gli Allievi potranno acquisire i telai e ricevere Attestati di Formazione.

Vedere in dettaglio Programma e Video al post "Primo Corso di Telaio Vero"

CALENDARIO
- primo giorno
ore 10-13
Montaggio del telaio, costruzione dell'ordito, armatura nel liccio (la Dispensa è disponibile on line: LINK).
ore 14-18
Tessitura a trame semplici.
- secondo giorno
ore 10-13 e 14-18
Tessitura con figure cellulari "neo-ambisuese" (vedi L'Essere e il Tessere, LINK par. 10.6.4).
- terzo giorno (opzionale)
ore 10-13 e 14-18
Tessitura a "semi-trame" con figure da interferenza (vedi L'Essere e il Tessere, par. 11.1.5)
Eventuale montaggio di un ulteriore ordito.

SEDE
Le lezioni si tengono nell'incantevole borgo di Porchiano del Monte, Umbria, presso Sala Sacramento, di fronte alla Chiesa di San Simone.

LOGISTICA
>>> Come raggiungere Porchiano
Dove alloggiare:
Ostello Giustiniani ad Amelia 8 km o a Giove 6 km, chiedendo riduzione Studenti Facoltà di Tessere
Porchiano è frazione di Amelia, dunque si può anche cercare agriturismi su http://www.ameliaturismo.com/

SCRIZIONI
Si ammettono al massimo 10 studenti. Il corso non può essere attivato con meno di 4 iscrizioni. Dunque occorre iscriversi al + presto, se interessati.
Email: lucianoghersi(CANCELLARE)@(CANCELLARE)gmail.com
Tel.: 338 6762691

WEB
http://porchiano.blogspot.com/

Montaggio, Ordito e Liccio

Montaggio, Ordito e Liccio
Prima dispensa su Telaio Vero

1 - MONTAGGIO
1.1 - Assemblare il Telaio e fissarlo con le quattro Zeppe Piccole (fatte slittare sull'Ipotenusa).
1.2 - Inserire le due Zeppe Grandi al Subbio di Cielo senza forzarle (tenderanno poi l'Ordito in 4.6).
1.3 - Allestire (con quattro sedie o due cavalletti ) un Catafalco e coricarvi il Telaio (si può pure già rizzarlo contro il muro).

2 - ORDITURA
2.1 - PREPARATIVI
2.1.1 - Inserire due Tubetti alle estremità della Barra.
2.1.2 - Poggiare la Barra alle Orecchie del Telaio.
2.1.3 - Legare la Barra soltanto a Dx.
2.1.4 - Disporre il Gomitolo (o la Rocca) con il Filo per l'Ordito fuori e oltre e il Subbio di Terra.
2.2 - PARTENZA
Annodare il Capo del Filo a Dx della Barra.
2.3 - ANDATA
2.3.1 - Dirigere il Filo verso il Subbio di Terra ed aggirarlo.
2.3.2 - Passare sul Retro del Telaio fino al Subbio di Cielo ed aggirarlo.
2.3.3 - Ripassare sul Fronte del Telaio fino alla Barra ed aggirarla.
2.4 - RITORNO
2.4.1 - Ritornare al il Subbio di Cielo ed aggirarlo,
2.4.2 - Ripassare sul Retro del Telaio fino al Subbio di Terra ed aggirarlo
2.4.3 - Ripassare sul Fronte del Telaio fino alla Barra e aggirarla.
2.5 ECCETERA
- Ripetere i percorsi di Andata e Ritorno (come sopra 2.3 e 2.4) per tutta l'ampiezza dell'Ordito.
2.6 ARRIVO
Terminato l'estremo Ritorno (2.4.3), tagliare il Filo e annodarlo alla Barra (come sopra 2.2).

3 - GESTAZIONE DEL LICCIO
3.1 - DISPORRE IL TELAIO
Mettere in piedi il Telaio (se coricato come in 1.3) e calare la Barra verso Terra.
3.2 - CERNITA
3.2.1 - Inserire il Filo Inferiore di Cernita (o Croce) nel Passo dell'Ordito che è già aperto dalla Canna.
3.2.2 - Al di sopra del Filo Inferiore, creare il Contrappasso dell'Ordito sollevando con la Mano Sx ciascun filo dell'Ordito che è rimasto all'Interno del Telaio.
3.2.3- Inserire con la Mano Dx il Filo Superiore di Cernita nel Contrappasso.
3.2.4 - Far scorrere la Cernita a mezza via tra le Orecchie e il Subbio di Cielo, fissare i Capi provvisoriamente.
3.3 - DISPORRE LICCIO & CANNA
3.3.1 - Poggiare il Liccio sopra le Orecchie del Telaio.
3.3.2 - Annodare saldamente i due Fili del Liccio alla sua Dx.
3.3.3 - Disporre la Canna all'interno dell'Ordito (nel Passo 3.2.1).
3.3.4 - Legare Liccio e Canna insieme alle loro estremità.
3.4 CIMOSA Dx
3.4.1 - Aggirare Liccio & Canna con un filo del Liccio, entrando da Terra a Dx... e con la mano Dx.
3.4.2 - Sbucare con il Filo sul fronte del Telaio, uscendo verso il Cielo a Sx, esattamente oltre i primi due Fili dell'Ordito: 1° & 2°, che così sono imbrigliati.
3.4.3 - Torcere insieme due volte i due Fili del Liccio.
3.4.4 - Penetrare con il Filo del Liccio nella mano Dx esattamente oltre i successivi due Fili dell'Ordito: 3° & 4°.
3.5 - ORDITO NORMALE
3.5.1 - Aggirare (come sopra 3.4.1) Liccio & Canna, sbucando esattamente oltre il Filo 5 dell'Ordito (che si trova oltre la Canna e che sarà imbrigliato, come tutti i fili Dispari).
3.5.2 - Torcere insieme due volte i due Fili del Liccio (come sopra 3.4.2).
3.5.3 - Penetrare con il Filo del Liccio esattamente oltre il Filo 6 successivo (che invece si trova tra Liccio & Canna e che resterà libero, come tutti i fili Pari).
3.5.6- Eccetera (come sopra 3.5), fino al filo Quintultimo.
3.6 CIMOSA Sx
3.6.1 - I due fili Quartultimo e Terzultimo e i successivi due fili Penultimo e Ultimo, si imbrigliano o tralasciano in coppia, esattamente come 1° & 2, 3° & 4° (come sopra 3.4)
3.7. FISSAGGIO
Annodare saldamente i due fili sulla SX del Liccio (come sopra 3.3.2).

4 - NASCITA DEL LICCIO
4.1 - Sfilare la Canna.
4.2 - Sfilare il Filo Inferiore di Cernita (3.2.1)
4.3 - Infilare la canna nel Contrappasso del Filo Superiore di Cernita (3.2.2).
4.4 - Normalizzare Passo e Contrappasso nelle coppie dei Fili di Cimosa (3.4 e 3.6).
4.5 - Assicurare il Filo Superiore di Cernita.
4.6 - Aumentare la tensione dell'Ordito spingendo più a fondo le 2 Zeppe Grandi (1.2) al Subbio di Cielo.
4.7 - Spingere in alto la canna.
4.8 - Portare in fuori il Liccio e poggiarlo sulle Orecchie del Telaio.

... E POI SI TRAMA!

mercoledì 27 febbraio 2008

Tessuti Saharawi



Dal DVD "Sostegno a favore del popolo Saharawi" di Jacopo Merlini. La voce fuori campo non è attendibile.

Arti Tessili ed Istituzioni

Arti Tessili ed Istituzioni
Lezione Magistrale con Messaggi e Citazione

Citazione
da Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov.

- Ma guarda! Nikanor Ivanovic! - urlò l'inatteso individuo con tremolante voce tenorile e, balzato in piedi, salutò il Presidente con una violenta e improvvisa stretta di mano. Questo saluto non rallegrò affatto Nikanor Ivanovic.
- Chiedo scusa - disse sospettoso - lei chi sarebbe? E' un pubblico ufficiale? -
- Suvvia, Nikanor Ivanovic! - esclamò con aria confidenziale lo sconosciuto. - Che significa ufficiale e non ufficiale? Tutto dipende dal punto di vista da cui si guarda l'oggetto; tutto ciò, Nikanor Ivanovic, è convenzionale e instabile. Oggi non sono un pubblico ufficiale, ma domani, guarda un po', lo divento! E capita anche il contrario, Nikanor Ivanovic, capita eccome!

Messaggio 1
Da: Luciano Ghersi
a: NN
Oggetto: Intervento a Convegno sulla didattica innovativa dell'arte tessile / fiber art
Data: 26 luglio 2007
Car* NN,
come ti dissi in Fondazione Lisio, propongo un mio intervento al Vs. Convegno. Le mie esperienze didattiche di arte tessile in ambito scolastico si sono svolte all'ISA G. De Fabris di Nove (VI), all'ISA Petrocchi di Pistoia, a Extempore 2002 Simposio Internazionale delle Accademie di Belle Arti di Suvereto (LI), nel corso aggiornamento alle insegnanti elementari di Venturina (LI), poi tengo i corsi di arte tessile africana in Fondazione Lisio di Firenze.
In ambito extra scolastico, tengo abitualmente i corsi di Tessere Liberi al CPA Firenze Sud. Ho insegnato pure tessitura e arti tessimili per 7 anni in centri per Disabili ma presumo che ciò non rientri nel normale ambito didattico, trattandosi di persone fuori norma.
Poi ho insegnato arazzo e tessitura creativa in vari centri Indiani di artigianato e tra i profughi Saharawi. Infine, ho coinvolto centiaia di persone in BAETAM (Botteghe di Arte Estemporanea sulla Tessitura a Mano) e in Cantieri di Arte Pubblica, tutti progetti finalizzati alla tessitura di abbigliamento urbano monumentale.
Il mio metodo didattico è eminentemente pratico-esplorativo perché ritengo sterile una progettazione che non scaturisca dall'esperienza tessile. Per questo, ho realizzato appositamente speciali telai e altri vari attrezzi tessili. Ho anche scritto e persino pubblicato vari saggi in proposito. Ultimamente ho fondato la Facoltà di Tessere nello SPAT, Scuola Palestra di Arti tessili di Porchiano del Monte.
Ti risparmio il mio curriculum strettamente artistico ma se vuoi, posso allegarlo in seguito, insieme a una versione più dettagliata della presente candidatura a relatore.
LG

Messaggio 2
Da: NN
A: Luciano Ghersi
Oggetto: Re: Intervento a Convegno sulla didattica innovativa dell'arte tessile / fiber art
Data: 31 luglio 2007
Caro Luciano,
ho presentato la tua proposta al Comitato Scientifico dell'Associazione che cura le iniziative e il Convegno del prossimo Aprile 2008.
Assieme agli altri Componenti del Comitato, abbiamo convenuto che il tuo percorso e la tua esperienza, singolare e interessante, non rientra in un ambito istituzionale e, dato che il confronto avverrà tra Scuole europee rappresentate da docenti istituzionalizzati, siamo spiacenti di non poter accettare la proposta di un tuo intervento.
Data la specificità delle tue iniziative, avremo senz'altro l'opportunità di collaborare in altre occasioni.
Ti ringrazio per l'attenzione e caramente saluto.
NN

Messaggio 3Da: Luciano Ghersi
a: NN
Oggetto: Re: Re: Intervento a Convegno sulla didattica innovativa dell'arte tessile / fiber art
Data: 31 luglio 2007
Car* NN,
sono più che lusingato che il Comitato Scientifico si sia occupato così celermente del mio caso. Ora capisco l'intento del Convegno e l'esclusione mi sembra ragionevole. Ma allora chiamatelo appunto:
"Convegno sulla didattica ISTITUZIONALE innovativa dell'arte tessile".
Altrimenti gli ingenui si sbagliano e credono che vi occupiate di didattica in senso universale...
Sarebbe propaganda ingannevole, o no?
LG


Lezione Magistrale (papale papale)

Chi non s'intende troppo di arti tessili, si stupisce della nostra trovata di collegare il nome accademico di "Facoltà" a un artigianato arcaico come la tessitura. Si stupirebbe meno, se venisse a sapere che le arti tessili sono realmente materia di studio in varie Università. Comunque sia, la sedicente Facoltà di Tessere non è affatto una istituzione universitaria. Può anche darsi che essa diventi addirittura una FONDAZIONE ma per il momento, non ha alcuna veste istituzionale: non ha l'abito scuro né la cravatta. Qui ci starebbe pure quella vecchia storia dei due tessitori, che fanno indossare un abito invisibile all'istituzione suprema: al Re, che poi, in effetti, si mostra nudo al popolo. Così tutti si buttano a ridere: "il Re è nudo, ah ah ah!" rideva il popolo.

Fatto sta che che, per ora, la nostra Facoltà è priva di veste istituzionale. è stata esclusa dal prossimo "Convegno sulla didattica ISTITUZIONALE innovativa dell'arte tessile", come si legge nei messaggi qui sopra. D'accordo e pazienza: la facoltà "di tessere", come quelle "di intendere e di volere", può manifestarsi ed esercitarsi anche senza convegni e istituzioni. Peccato piuttosto, per tutti quei poveri allievi, attirati al convegno (internazionale) in caccia di "arte" o di "crediti di formazione". Poveri giovani privi di bussola! Forse era meglio che si dessero all'arte, o che pure s'impiegassero in Comune. Non è escluso che infine, qualcuno ci arrivi, esibendo i suoi "crediti di formazione nelle arti tessili". Beninteso: con i dovuti appoggi, se no oggi, in Comune, ci entrerebbero tutti, perché il credito è molto inflazionato e soprattutto, quello formativo, che ha fin troppi istituti di emissione. Troppi poveri giovani, ciò, non capiscono. Né si può dire che non sia colpa loro: ma non hanno altro da fare nella vita, che cercarsi un impiego? Perciò forse, ben gli sta. Così imparino, i giovani, se possono... però non a scuola.

La facoltà di tessere è sempre stata informale, già dall'origine: dall'epoca neolitica. Allora i Comuni non esistevano e, tanto meno, le Università: l'anarchia con l'ignoranza regnavano sovrane (tra parentesi: era una bellezza!). Forse per questo, la didattica del tessere non ha oggi, molto accesso alle scuole: è un insegnamento tradizionale, che si trasmette soprattutto con l'esempio, piuttosto che in tot ore di lezioni frontali (quamvis a tergo, contra naturam?). Dispiace per i tristi e queitriti profezzori (e, nella fattispecie, per le profezzorezze) di tessitura, ma questa è l'allegra realtà.

Quanto a tutte le celebri rinascite delle più celebri tradizioni tessili: queste ebbero sempre delle origini infami. Si trattò innanzi tutto, di origini aristocratiche, dovute (francamente) a neo-contesse. Tutte queste neo-contesse furono, da miss, delle ricche fanciulle nord-americane. Erano tutte fanciulle volgarissime, senz'altra nobiltà che di denaro. Sfarfallarono in Italia e qui ci si accasavano, con certi aristocratici spiantati di antica nobiltà. Spiantati sì, ma ancora provvisti di un residuo patrimonio feudale di ville e castelli. Le neo-ladies, le loro neo-contesse, allora si diedero subito molto da fare, secondo il loro pragmatismo anglosassone, mentre gli sposi giocavano a carte per giocarsi anche l'ultimo castello. Le Spose si intestarono le meglio prtoprietà, dal punto di vista storico-artistico. Non glie ne fregava nulla del valore immobiliare. Oppure sì? Ci avevan già pensatò?

Poi si diedero ai sollazzi con giudizio.non c'era molo altro da fare che arredare e tappezzare ville e castelli dove poi invitare ai té... chi? sapevano loro. Così le neo-contesse, figlie di petrolieri della California, o di cercatori d' oro del Klondike,
andavano in caccia di quegli antichi e splendidi corredi che i loro villani (o mezzadri) purtroppo non tessevano più. Che decadenza: niente più tendine, né gli asciugabidè per gli ospiti, neppure le tovaglie da altare con le trame operate, con le trine finemente traforate! Per fortuna però, le neo-contesse si rivolsero ai neo-esperti, che gli fornirono tutti i disegni, certo ispirandosi alla tradizione ma certamente, con poca competenenza. Sicché poi, quelle loro infedeli mezzadre: tutte di nuovo giù a tessere, come una volta, forse a salario più ragionevole però non è certo. Comunque certo, fu il valore culturale dell'impresa. E infatti, se ne trovano esemplari in fior di musei, non ancora sostenuti dall'Unesco come patrimoni dell'umanità ma, per lo meno, dalla Comunità Europea. Si stampano libri e cataloghi, con fior di neo-esperti a classificare gli spregevoli falsi di un'arte, che è degenerata due volte: nel suo spregevole originale e nella sua ancora più spregevole copia, accademica e raffazzonata. "Noblesse oblige", si diceva una volta però si fa ancora, perché? Si può anche capire l'Esperto moderno, che altrimenti sarebbe disoccupato, e anche il Politico a caccia di prestigio culturale... ma tutti gli altri (per non dire il Popolo), che cosa ci guadagnano?

Altre rinascite delle arti tessili hanno un'origine piuttosto borghese. Altrove, occorrevano tessuti nazionali per dare senso e lustro ai neonati stati nazionali: "Noblesse oblige" non solamente i Nobili, obbliga anche la Borghesia. E qui ancora, spuntano altri Esperti, per disegnare altre tradizioni. E giù ancora: altri proletari a tessere altri, presunti, antichi disegni. Ma anche questi Esperti sapevano tessere, o ricamare? E poi, dove cercavano l'antica tradizione? Il popolo, purtroppo non sa conservare nulla. O meglio: il volgo non conserva i suoi oggetti: tutto consuma e tutto ricicla, poi infine ricrea. Ma non c'è da fidarsi del volgo: magari ardiranno di inventarsi qualche nuova creazione. Ma allora sarebbe Progresso e non sarebbe più Tradizione, che questa dev'essere antica e immutabile. "Tradizionale" è assolutamente Altro: è il consumo più perverso e prelibato per la modernità. Ci si diletta, l' Omo moderno, di antiquariato. E investe in collezioni di ogni specie in via di estinzione. Meglio ancora se estinta, perché vale di più.

Ma ritorniamo a quei tempi eroici della Borghesia, che s' inventava gli Stati Nazionali. Per quanto riguarda la tessitura, in assenza di antichi reperti, gli Esperti andarono a cercare la tradizione popolare autentica dentro i soliti mobili dei Nobili o dentro i soliti armadi delle sacristie. Cioè, presso gli eredi dei Conservatori più accreditati: gente che ha roba, che sa come tenerla e che sa come lasciarla ai suoi posteri, insomma agli eredi. Spuntò un altro patrimonio culturale: tutta roba, senz'altro, prodotta dal popolo... ma non per il popolo: per i signori. Eppure questa roba fu spacciata come l'autentico spirito del popolo. Breve è il passo dal popolo all'oppio e ai suoi spacciatori ma insomma, il popolo se ne ne fregò. Non avevano più tempo per tessere a mano: già andavano in fabbrica e perciò si vestivano allo spaccio aziendale. La tessitura diventò un passatempo per signore borghesi, che così diventarono le nuove custodi dell'autentico spirito della nazione. Naturalmente tessevano dei falsi, escogitati dai loro Esperti. Sono i falsi che oggi, si studiano in tutte le scuole di tessitura.

A proposito dei falsi, la Facoltà di Tessere è in possesso degli autentici diagrammi di vari tessuti popolari toscani. Ma più in generale, diremmo: indo-europei (e se ne riparla quando vi pare). I diagrammi dei nostri tessuti tosco-indo-europei sono come spartiti musicali con i fili al posto delle note. La tessitrice tosco-indo-europea scarabocchiava i suoi diagrammi su certa cartaccia marrone per alimenti, che era l'unica carta a sua disposizione. Si sottoposero questi diagrammi a un'Esperta, per un'eventuale pubblicazione. L'Esperta li dichiara INACCETTABILI e così, li traduce sistematicamente in una versione ACCETTABILE dalle Scuole Nazionali di Tessitura Tradizionale. Eh sì, perché lì, altri Esperti, avevano introdotto certe nuove attrezzature per la tessitura a mano, insomma: certi nuovi telai, da loro escogitati, ma che il popolo ignorante non si era mai sognati. Che fa il popolo? Sogna? No: Canta! E al ritmo del suo canto, muoveva i suoi piedi: per danzare o per tessere al telaio. Così, si comandavano i fili coi pedali. Così, nacquero i disegni che intrigano gli Esperti ma gli Esperti non cantano: misurano. E certo, loro misurano meglio del popolo, che dà misure sempre INACCETTABILI. Insomma poi, non si pubblicò più niente, di quei diagrammi stupefacenti. Ma troppo volgari. Viene da ridere, a ripensarci: ma, già vent'anni prima dell'incontro con l'Esperta, quei diagrammi si erano esibiti in una Mostra dal titolo: TESSUTI INVISIBILI.

Però il mondo va avanti, insomma progredisce: dopo il dominio nobile e quello borghese, si affermò finalmente la burocrazia. E anche lei fa rinascere il tessile... ovviamente, in maniera burocratica. Sempre di più, si afferma anche la Scienza, però non vedi stracci nei Musei, a meno che non siano riesumati da antichissime tombe. Ma già allora, quelle le tombe, chi mai se l'era potute permettere? Le pompe funebri ammettevano gli schiavi solo dopo che li avessero scannati, per consacrarli al perpetuo servizio del nobile estinto. Meglio nudi, gli schiavi, comunque, piuttosto che abbigliati nei soliti stracci bisunti, e la Storia ci insegna anche questo. Però noi di rado, ascoltiamo e guardiamo, tocchiamo e fiutiamo la Storia. Noi oggi al massimo, ce la leggiamo, senza accorgerci che se una Storia è scritta, non può essere l'opera di un'analfabeta. Come, ad esempio, quei rozzi analfabeti che ancora oggi s'inventano i più stupendi e complessi tessuti. Chi avrebbe mai l'ardire di invitarli in qualche "convegno internazionale" sulla didattica ISTITUZIONALE innovativa dell'arte tessile? Eppure quei rozzi, insegnano ancor oggi, senza dare lezioni. Che vergogna... non c'è più Istituzione!

Non importa: è passato tanto tempo, oggi gli schiavi non esistono più, a parte deprecabili eccezioni. Comunque sia, non li si seppellisce più, tutti nudi nelle tombe dei padroni. Quanto ai poveri e ai veri Maestri tessili, più o meno analfabeti ancora oggi, si può anche procurargli un domatore, e persino un passaporto con il visto, per poi esibirli in qualche altro convegno (non quello di cui sopra, che non arriva a tanto). Agli Atti dei Convegni, poi risulta il domatore, mentre il nome del povero e vero Maestro sprofonda nell'oblio, insieme, occorre dirlo, con tutti gli altri Atti del Convegno. Ma non importa, come insegna Aristotele: altro è l'Atto e altro è la Potenza: nessuno legge l'Atto, che però, in Potenza, esiste... e fa curriculum, come si suol dire. Naturalmente, con i dovuti appoggi.

Questa è Hollywood, baby, non puoi farci nulla: al nostro Convegno c'era il Ministro o un Sottosegretario, insomma il Sindaco o forse un Assessore, così siamo passati sul TG regiornale. Poi c'era il Curatore di un grande museo, un grande Critico e un grande Fratello. "Repubblica Cosmetici" ci ha fatto un trafiletto, ne ha parlato persino "Il Manifesto" nel prestigioso inserto culturale... Perché quest'arte tessile è, insomma,di sinistra: ha un origine realmente popolare. Oltre alla nikkia dove ci si konta, ci dedica un articolo persino "L'Avvenire", che è l'organo dei vescovi, sensibilissimo ai paramenti sacri. Così abbiamo una ricchissima rassegna stampa. Faremo un pesantissimo dossier di fotocopie: tutto fa legna, forse farà fuoco. Si vedrà poi, chi si potrà scaldare.

Anche grazie ai Convegni, pubblici o segreti, si lanciano progetti ed istituzioni per qualsiasi cosa... persino per insegnare le arti tessili al popolo, che ne ha tanto bisogno, non tanto di arti tessili ma quanto di imparare. C'è infatti un diritto-dovere allo studio. E' il diritto-dovere inesausto e infinito alla cosiddetta formazione permanente. Lo si può ben capire: teoricamente, sappiamo già tutto ma praticamente, non sappiamo più nulla. E dunque oggi, quasi nessuno si oppone all'accanimento didattico. D'altra parte, sembra quasi proibita ogni altra trasmissione del sapere che non rientri in un modulo scolastico. Qui ci si potrebbe forse appellare all'Articolo 8 nella Costituzione della vigente Repubblica Italiana: "L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento". Ma pure quest'Articolo 8, pare ora, che lo vogliano abrogare. Sarà d'accordo pure il Vaticano, che storicamente ha fondato
tante antichissime Università.

LG. 24 Feb 08

mercoledì 20 febbraio 2008

Telaio Finto e Telaio Vero



Telaio Finto

Questo piccolo telaio è un cimelio storico, potrà avere pure un secolo. Ce n'è un esempio analogo al museo tessile di Leumann. Questo invece, proviene dell'antica abitazione di un docente in Accademia delle Belle Arti.
Il telaio ha una targhetta che recita: "Telaio RUGS brevettato. Manifattuta Piana Biella Chiavazza". Rugs è in Inglese il plurale di che, significa: "tappeto". In Italiano, vorrebbe quasi dire: "telaio per tappeti" Ovviamente, il nostro Rugs non è un vero telaio da tappeti, né tradizionale né professionale.
Sulla targhetta, c'è pure l'immagine di un'Olandesina, che sarebbe anche il logo di una storica marca di lane per maglieria. In generale, i filati per maglieria, sono molto poco adatti per tessere tappeti. Ciò confermerebbe l'attribuzione spuria del nome Rugs (ovvero: tappeti).
Rugs è piuttosto un telaio didattico-amatoriale da tavolo, non troppo ingombrante ma troppo ingegnoso. In seguito ai dovuti esperimenti di routine, si può affermare che i raffinati congegni di Rugs vanno a discapito della funzionalità. Insomma: Rugs non è troppo "user friendly" (favorevole dell'utente).
Nel restauro funzionale di questo esemplare, già occorse un lavoro da fabbro solo per sostituirgli un Cane: il ferretto che arpiona il subbio d'ordito. Immaginarsi, quanto più lavoro occorso se, al posto dei un semplice Cane, si guastasse un elemento nel congegno a molla che frena l'ordito, o nel complesso meccanismo di licci a comando laterale.
Il comando laterale è un ritrovato tipico dei telai didattici, che hanno infestato gli Istituti scolastici del '900. La storia millenaria della tessitura, nei suoi più recenti ed infami capitoll, presenta vari ignominiosi esempi di telai didattico-amatoriali, escogitati ed imposti da Ingegneri o Professori, piuttosto digiuni di esperienze concrete nel tessere.
Oltre a quegli illustri Professori dominanti, qualche artigiano c'era sì, negli ISA (Istituti d'arte) o negli ITI (Istituti Tecnici Industriali). Ma l'artigiano era assunto soltanto nel ruolo di Tecnico: subordinato, cioè, al Docente Dominante. A quei tecnici, gente senza laurea né diploma, non si affidava certo l'incarico di attrezzare i laboratori. Tanto meno, dovevano insegnare la teoria del progetto o la pratica della sua esecuzioe: a loro spettava di montare gli orditi e di risolvere ogni impiccio pratico.

Telaio Vero
Il restauro la sperimentazione del telaio Rugs in Facoltà di Tessere, curiosamente, coincide con nostro progetto "Telaio Vero", che è quanto più semplice e funzionale possibile. Capita spesso che la ricerca della semplicità e funzionalità riporti a soluzioni ancestrali. Telaio Vero infatti, ricalca gli antichi modelli di telai da tappeti. Naturalmente, è in scala ridotta per esigenze didattiche. Poi, il vispo studente potrà costruirsi agevolmente un telaio più grande anche senza ricorrere a un falegname ma riciclando, ad esempio, il telaio di un letto o un appendiabiti.

LG

venerdì 15 febbraio 2008

Il Filo nella Pietra di Porchiano

Il Filo nella Pietra

l'evoluzione tessile scolpita nella pietra
2a Lezione Magistrale


La più segreta essenza di Porchiano può disvelarsi solo poco a poco, specialmente a chi arriva da fuori e qui non ha neppure i genitori. E' il mio caso lo ammetto ma nessuno è perfetto. E comunque, non è facile comprendere un paese che sta qui qui da un millennio o forse due. Certo, in paese, c'è molto moderno però predomina la roba antica... e a volte ricompare all'improvviso: come avvenne alla chiesa di San Simeone (non di Santa Cristina, che rimane appartata fuori porta, per motivi da chiarire in 'altra storia).

Insomma, alla scala per San Simeone, sopra una pietra del primo gradino, si vedeva scolpita una spirale. Chi l'ha scolpita? Proprio non si sa: sarà vissuto mille anni fa, anzi di certo, pure molto prima. Perché la chiesa di San Simeone si attesta da appena mille anni, ma quella pietra fu scolpita prima e certamente non per questa scala: è chiaro che è una pietra di recupero. Avete presente la spirale scolpita? Rammentate se evolve verso destra oppure se evolve verso sinistra? Fateci caso, non è una sciocchezza, perché chi l'ha scolpita non scelse un verso a caso, Destra o sinistra? Se ne riparla oltre.

Poi, dopo qualche annetto o secoletto, il parroco decide di rifar su la scala perché i fedeli anziani faticano a montarci. Cioè per rispetto della maggioranza, perché in Porchiano c'è più pochi giovani e che nemmeno tutti vanno in chiesa. Insomma, arrivano i muratori e, come rovesciano il primo gradino, appare finalmente la realtà, che prima era nascosta sotto terra. Salta fuori un'altra faccia della pietra e, di fianco alla spirale, appare un cornicione. Perciò, se ha le due facce lavorate a vista, la pietra, prima, era pietra angolare.

Povera pietra, fa quasi pietà: prima era al top, su un cornicione a livello del tetto... dopo finì sotto i piedi di tutti, proprio giù in fondo al nuovo fabbricato. Adesso almeno, è salita di grado: sta al quinto scalino, è già qualcosa. Ma il fabbricato che dominava prima, chi lo avrà mai costruito e perché? Certo, era qualche edificio importante. Allora, l'edilizia non era come oggi: scalpellavano ogni pietra a mano e non avevan mica tante gru, per metterle su. Costruirlo a quel tempo, quel tempio, sarà anche stato un lavoro di anni, poi avrà funzionato per dei secoli... eppure ci se n'è dimenticati. E poi ancora, fatto il suo bel tempo, quel vecchio tempio, chi lo avrà demolito? E perché? Ci sono storie che non si registrano. Invece da oggi, resterà su Internet che è stato Don Mario a rifare la scala, riciclando un'altra volta la materia delle pietre, insieme con lo spirito dei segni che ci restano incisi.

Torniamo alla pietra con la spirale incisa e che è forse, a suo modo, una registrazione. Sopra i dentelli dell'ex cornicione, sta filettato un cordone ritorto. Anche qui. nel cordone scolpito, si verifichi il verso della torsione: questo gira al contrario di quella spirale che decora la faccia oltre lo spigolo. Gli Antichi non studiavano le scienze: si limitavano ad osservare, poi a ripetere e sperimentare. Erano insomma dei veri scienziati senza avere studiato. Del resto, non avevano un libro, nemmeno la Bibbia: non sapevano leggere. Comunque, avevano certe loro idee, non tante come noi, però più chiare ma non le esprimevano direttamente. Sicché, che cosa mai voleva dire, lo scalpellino, in quella sua maniera di girare al incontrario spirale e cordone? Qui il mistico si accomodi, che può discorrerci fino a domani di simboli arcani.

Però, siccome all'epoca filavano, anche i fusi li giravano in due versi. Quest'astuzia è antichissima davvero: secondo gli Archeologi, discende dal Neolitico... e da un motivo tecnico preciso, aggiungono i Tecnologi: filando e ritorcendo nei due versi, si tessono pure dei migliori tessuti, ciò che i Neolitici sapevano già. Ora guardate un Filo di profilo, un Filo qualsiasi: sarà sempre torto, in un verso o in quell'altro. Altrimenti non sarebbe neanche un Filo ma solo un flusso di fibre incoerenti: è ciò che, i Tecnologi, chiamano "Tops"e che, poi torcendolo, diventerà Filo.

Dunque guardando un filo di profilo, la torsione delinea una linea diagonale. Se questa linea pende verso destra come nel corpo di una lettera Z, allora si dirà "torsione Zeta". Se quella linea penderà a sinistra come la curva al centro di una S, allora si dirà "torsione Esse". Siccome i Preistorici non sapevano scrivere, non hanno mai usato questi termini: che ne sapevano, quelli analfabeti, della lettera Zeta? Non sapevano neanche l'ABC! Così a quella torsione, le avranno messo un nome riferito magari ai piselli, o a una qualche altra pianta rampicante: crescono tutte torcendosi in Zeta. Così pure, fanno pure tutte le conchiglie, e tutta la Natura cresce in Zeta, salvo la rara eccezione dell'uomo, che qui si inventò la sua crescita in Esse. Alcuni dicono: "Non c'è evoluzione" ma l'umile chiocciola fa già evoluzione.

L'Homo ha voluto poi, fare a suo verso e si inventò la torsione Esse, che non esisteva affatto in natura. Ora, in quell'epoca non c'era scienziati, perciò le invenzioni, si facevano a mano. Tutto sommato, fu un gesto molto semplice: bastava attorcigliare la lana o la canapa strofinando le dita nel verso contrario. Però questo verso è un po' controverso, diciamo pure che è contro natura: nasce da un gesto di pura cultura. Chissà come lo chiamarono gli Antichi?

Tornando sule scale della chiesa di Porchiano, la torsione Zeta (della Natura) e la torsione S (umana invenzione), stanno scolpite sopra le due facce della medesima pietra angolare. Un lato della pietra va in un versoe il suo contiguo se ne va per quell'altro. Fu un nobile esempio di tolleranza? O di equilibrio fra differenti istanze: fra natura-natura e natura-cultura, nell'antico conflitto che perdura dalla Genesi almeno fino a Freud?
Gli Antichi che scolpirono, avevano anche idee, non tante come noi, però più chiare. Le esprimevano a mano ma non direttamente. Perciò solo con le mani, si può imparare a leggerli. Perciò si esorti il popolo a tessere e filare, non come altri esortano alla Storia. La Storia infatti, è fatta di guerre e poi di rituali corone ai Caduti, sotto al giovane obelisco in Porchiano, che già si atteggia a monumento storico, tra milioni di pietre più vecchie di lui, che si trattengono a stento dal ridere.

LG 2-07

lunedì 11 febbraio 2008

mini-tessile, papale-papale



Lezione magistrale (papale papale) sul mini-tessile

Sembra chiaro il concetto: il "mini-tessile" è una piccola opera di arte tessile, che misura, in teoria, 20 x 20 centimetri. Non va confusa affatto coi campioni di tessuto, che sono umili esperimenti, fatti in vista di un lavoro più grande. Il mini-tessile invece, avrebbe un suo fine artistico in sé: così come un fazzoletto non è affatto un campione di lenzuolo ma ha già la sua specifica forma e funzione,

Questa definizione del mini-tessile è, in teoria, molto precisa ma di preciso, in pratica, ha solo le misure... che poi non si rispettano neppure. Misure a parte, resta molta incertezza sulle definizioni di "opera d'arte" e di "arte tessile". Ciò non importa: si fanno tante mostre piene di mini-tessili. Questi hanno, in sostanza, un formato assai comodo da inviarli per posta, quasi come la Mail Art.

Chi spedisce un mini-tessile alla mostra, è sicuro di avere creato una "opera d'arte" e anche di essere un "artista tessile". Infatti avrà sua foto, e nome, nel catalogo, di cui riceve copia, inclusa nelle spese di iscrizione. Perciò non è difficile farsi artista tessile: al limite, basterà modellare un obbrobrio con la pasta di sale... sì: proprio come fanno i bambini all'asilo, che però son più bravi. Si veda "mini-tessile in pasta di sale", esposto a una storica mostra comasca (per creanza si omettono titolo, autore dell'opera e anche il nome della storica mostra). Arte a parte, qui è inutile chiedersi se la pasta di sale sia tessile o no, visto che l'arte tessile non si vincola tecniche precise (altro concetto perfettamente chiaro).

Ci sono anche mostre di mini-tessili più selettive. Qui non basta più pagare un biglietto d'iscrizione: ci si partecipa solo per invito. Di solito, invitano gli amici e qualche artista famosi, sperando di farselo amico. E qui molto si deve perdonare, agli artisti famosi e agli amici. Perciò, una mostra a invito non esporrà per forza, opere migliori di quell'altre nelle mostre a pagamento.

Ci sono anche mostre più selettive: con un'apposita giuria che decide quale lavoro sia degno di essere ammesso. Però nemmeno qui, puoi mai essere sicuro che poi ti mostrino opere migliori? Chi potrebbe fidarsi del gusto di queste giurie, dove votano pure gli Assessori o i Professori e Critici d'arte? Questi forse, s'intendono di pittura o scultura ma dicendo che si mostra arte tessile, questa arte sarebbe un'altra cosa, rispetto a pittura e scultura. Altrimenti, perché fare differenze? Be', avranno dei motivi, seppure non estetici, tra le azioniste delle quote rosa negli enti accademici e locali... Insomma, mi pare che il concetto sia chiaro.

Io, da umile maschio, senza cariche accademiche o locali, ho pure organizzato qualche mostra di mini-tessili, però non mi facevo pagare da nessuno. E non ero neppure selettivo: tutti amici, tutti quanti su Internet! C'era la bolla dell'economia virtuale e io curavo gratis delle mostre virtuali: mettevo solo le foto su Internet, e mi sembrava meglio di un catalogo: infatti magari, ci cliccava qualcuno. Certo, su Internet, oltre al catalogo, mancava il contorno dei biglietti d'invito, stampati a colori su cartoncino, l'inaugurazione con Critico d'arte e ricco buffet... però nulla è perfetto e tutto fa curriculum. Insomma, mi pare che il concetto sia chiaro.

Tra quelle mostre virtuali su Internet, ho anche fatto una grande esposizione di cento mini-tessili africani. Ma siccome questi artisti erano negri e, peggio ancora: artigiani, non li ha apprezzati troppo quell'UNESCO, che li eppure già li aveva dichiarati "tesoro culturale dell'umanità". Avevo fatto concorrenza all'UNESCO, che poi mi ha solo offerto solo un pranzo di aragoste (pari al reddito annuo di un artista tessile negro) ma non ha ancora fatto il suo museo del tesoro. Insomma, mi pare che il concetto sia chiaro.

Io stesso, ho anche tessuto vari mini-tessili. Soprattutto perché li esigeva un mio gallerista, che se li incorniciava sotto vetro e, quando li vendeva, mi dava qualche soldo. Non li chiamava neanche mini-tessili ma: "opere di arte contemporanea in piccolo formato". Le vendeva a certi suoi collezionisti da mini-appartamento, che non avevan muri e soldi sufficienti, per permettersi opere più grandi. Eppure nel suo piccolo, è una nicchia che spende volentieri. Io che potevo farci? Dovevo pur campare e, fosse pure in piccolo, dovevo pure tessere... finché un bel giorno, uno Stato, una Chiesa o una Banca, non mi avessero ordinato un bel pezzo gigantesco. Come dire che anche l'arte va incontro a compromessi. Insomma, mi pare che il concetto sia chiaro.

Ho appena fatto altri mini-tessili, per la Mostra Triennale di Tournai, che è un posto in Belgio di tradizioni tessili, con un grande museo. Non per vantarmi ma qui dovrei aggiungere che i Belgi, prima, hanno scelto esporre certi miei maxi-tessili: certi invendibili capolavori che utilizzavo come materasso, con la scusa di renderli più antichi e pregiati: nei tessili e nei mobili, un pezzo usato è autentico, guai a togliergli la patina di sudicio!
Insomma quelli in Belgio, hanno voluto proprio i pezzi grossi... sicché mi toccherà di dormire sul duro, quando li mando a quella esposizione. Pagheranno in compenso, le spese di spedizione... e non sono uno scherzo per quel mezzo quintale, che se ne va nel Belgio da Porchiano.

Inoltre, poi dal Belgio, mi hanno scritto: "Hai anche pezzi piccoli, sul tipo di quei grossi, magari incorniciati sotto vetro?" Siccome erano davvero gentili nel prendersi carico dei grandi invendibili, ho fatto un po' il difficile soltanto per il vetro, sapendo i prezzi dei corniciai. Mi hanno risposto: "Ok, senza vetro.". Così gli ho fatto apposta questi mini-tessili... e mi ci sono pure appassionato. E' quasi come scrivere messaggi SMS al posto di epistole lunghissime, oppure dei sonetti invece che poemi: è comunque poesia o letteratura... ma la prima lingua "scritta" fu la tessitura,

In sostanza, ho tessuto dei brandelli di stoffa, come già fatto in quei miei grossi tappeti o chiamiamoli arazzi, per nobilitarli. Possono fare un effetto di avanguardia, di arte moderna del riciclaggio ma, in fondo, la tecnica è tradizionale: è una tessitura a mano millenaria, in cui lo straccio si è sempre riciclato. Però lo straccio odierno è più moderno: oggi risulta da stoffe stampate, sintetiche o jeans. Ah sì: ho pure infilato nel telaio delle sottili strisce di pelliccia e dei vecchi legacci di plastica per le presse di fieno, già che li avevo a portata di mano. Non ci ho quasi disegnato neppure una figura, sebbene lo sapessi anche bene fare. Così l'effetto è piuttosto informale, mi pare che un disegno avrebbe disturbato. Insomma, mi pare che il concetto sia chiaro. Dico il concetto di mini-tessile e molti altri, che ruotano intorno.
LG



giovedì 7 febbraio 2008

Il Palio di Porchiano in Europa

Il Palio di Porchiano in Europa
Il Palio di Porchiano sarà esposto alla 6a Triennale Internazionale degli Arazzi e delle Arti Tessili di Tournai (Belgio).

La città di Tournai è, fin dal Medio Evo, un celebre centro dell'arazzeria. E' oggi sede di un importante museo della tessitura e ospita anche una esposizione triennale alle arti tessili contemporanee. La prossima edizione di questa triennale (13 giugno - 31 agosto 2008) include anche il Palio di Porchiano, che già è stato esposto qui in paese nel "Presepe più Vivente" dell'anno scorso.

Va notato che il Palio non è il capolavoro individuale di un maestro ma è stato tessuto a Porchiano da un gruppo di assoluti principianti in tessitura (disabili e anche abili), nei laboratori del CIRP, Centro Integrazione Riabilitazione Porchianese. Il Palio misura 2 metri x 2 ed è tutto tessuto con plastica recuperata ai cassonetti differenziati della Coop di Amelia.

La Triennale di Tournai ospiterà anche altri lavori, realizzati da me individualmente, in Facoltà di Tessere a Porchiano del Monte: il "Tappeto di Porchiano", tessuto all'aperto nell'orto sulle mura (estate 2006) e anche vari "Re-Jeans", gli scendi-bagno in jeans di recupero, che ho appena tessuti nel mio abitacolo di via San Simeone (inverno 2007).

Dunque i tessuti MADE IN PORCHIANO hanno qualche successo internazionale. Nel frattempo, la cosiddetta "facoltà di tessere a Porchiano del Monte" si barcamena sempre tra provvisorie sedi di fortuna; perché (a parte le promesse degli Amministratori) nel paese, per quanto disabitato, non trova da affittare neppure una cantina.

Infatti, il primo corso di tessitura con Telaio Vero (22 marzo) si terrà nell'oratorio gentilmente concesso dal Parroco. La falegnameria Silvestrelli di Porchiano ha costruito appositamente 10 telai, che poi, a fine corso, si dovranno di nuovo sbaraccare.

Luciano Ghersi