sabato 4 ottobre 2008

la trasfigurazione in lezione

la trasfigurazione dei campioni
lezione magistrale

Premessa filosofica e facoltativa

La Trasfigurazione di Cristo sarà pure un miracolo però non lo è di sicuro, la (mia)Trasfigurazione dei campioni. Qui non si contravviene a leggi naturali, come nei veri e propri miracoli: c'è puramente un'operazione tessile.
La tessitura ama la natura, non si sogna neppure di contraddirla, si somigliano troppo: ciascuna funziona per connessione totale dei propri elementi, ciascuna è a suo modo, un "tutto che si tiene".
Non deve ingannarci il disegno mostrato dal tessuto, dal paesaggio, dai corpi: quello è solo di facciata, è una maschera. La vera natura è che "tutto si tiene", come si dice comunemente, non badando alla portata esorbitante di questa banale espressione.
Vero è che la struttura intersecata delle fibre in trama e in ordito, sarebbe un'invenzione puramente umana (1) ma "anche l'uomo è natura" (2), sia pur evoluta o degenere quanto si voglia.
Che siano mai natura e tessitura, cioè la faccenda tutto-si-tiene, può capitare quasi di intuirlo e bene o male, di realizzarlo, nella Trasfigurazione dei campioni. Ciò dà conoscenza incerta ma piacere indubitabile. Cercatori del piacere o della verità, mettiamoci d'accordo, almeno sui campioni!
Ogni campione è sempre un modello: il campione sportivo è un modello di perfezione atletica, il campione industriale è un modello del prodotto effettivo. I campioni non sono perfetti in assoluto, un ulteriore controcampione potrà sempre superarli... è un discorso alla Popper, insomma: l'esperimento è valido soltanto se è oppugnatile, altrimenti sarebbe un dogma assoluto. Ciò sarà pure relativismo ma è più tollerabile di ogni assolutismo... e niente miracoli, grazie: tutto perfettamente naturale e, già dunque, è magico abbastanza.
Avrei voluto da grande, fare il filosofo. Sarà per ciò che ora faccio il tessitore, che mi pare ancor meglio: i fili sono meglio dei concetti, sono anche più antichi... ma nessuno è perfetto, proprio nessuno, neppure i campioni, come s'è appena scritto: E basta così.

Lezione tecnica e obbligatoria

Si tratta qui in realtà, dei campioni di tessuto industriale: ciascun campione è un esperimento di come si accordino insieme tanti fili diversi, di materiale, consistenza e colore differenti. Ciascun filo ha un suo carattere, sicché a volte si trovano accordi perfetti, altre volte sono proprio incompatibili e vengono fuori dei campioni falliti.

Non so perché li chiamino "campioni a fazzoletto": sono molto più piccoli di un fazzoletto normale, non sono neppure quadrati: ciascuno è un rettangolo di pochi centimetri. Ciò che importa è che quei fazzolettini se ne stanno tutti uniti in un lungo telo a scacchi, dove ciascuna casella è diversa da tutte le altre, magari di poco ma è un campione differente.

Così il telo dei campioni a fazzoletto è il contrario di una stoffa da arlecchini, può somigliarle superficialmente ma è proprio diverso nella struttura. Una stoffa Arlecchino è costruita "a posteriori" cucendo insieme tanti ritagli di stoffe diverse. Il telo dei campioni è invece tessuto "a priori" come unica grande pezza di stoffa: si tiene insieme fin origine. Poi ci si aprono delle finestre, perché certe caselle si tagliano via: sono loro i campioni prescelti, avranno il premio di andare in produzione.

Così il telo dei campioni è un pezzo unico dall'aspetto molteplice, che però non può dirsi caotico. Lo si direbbe meglio variegato perché è effettivamente, un complesso di varianti imparentate tutte tra loro: ha certi ritmi riconoscibili, nel flusso dei fili che si collegano, in varie armature, fra trame ed orditi.

Una metafora cara ai linguisti, racconta che l'ordito generale ed astratto di una qualsiasi lingua si concreta in trame particolari, cioè in testi enunciati effettivamente. Parimenti si può dire che ogni telo di campioni trascelga alcune voci di qualche ipotetico verbo (io tu egli... amo amai amerò... amerebbero, fossimo amati...). Il paradigma di questo verbo tessile è ancora più arbitrario di quelli linguistici ma non è certo libero assolutamente: ogni arbitro giudica e sceglie rispetto a certe norme. Qui innanzi tutto, il Primo Arbitro, cioè chi progetta i campioni, sarà condizionato dalla precisa "cartella colori" che la moda gli detta ogni nuova stagione.

Giocata la partita dei campioni e di qui, ritagliati i campioni vincenti che saranno promossi in produzione industriale, il telo superstite è affidato al tessitore artigianale, perché lo faccia a pezzi e in qualche modo lo ricomponga con il suo telaio a mano, magari con la scusa di farci dei tappeti. Il tappeto comunque, non è ciò che si pensa.

Per realizzare i cosiddetti tappeti (o cosiddetti arazzi, se preferite), si celebra un atro processo arbitrario, che è soggetto ugualmente ad altre regole: Scompositive e RIcompositive. La prima regola Scompositiva prescrive sempre di sezionare un telo per il verso dell'ordito. E' una regola assai ragionevole perché innanzi tutto, si ottengono stringhe assai più lunghe di quelle che invece, si ricaverebbero sezionando tutto il telo per il verso della trama. Si può caricare così ogni spola da tessere con una intera stringa, e dunque poi tramarla senza interrompere il flusso del "filo".
Le stringhe caricate sulle spole, differiscono tra loro rispetto a quei colori nell'ordito originario: ciascuna ha quel colore più o meno dominante. Qui il tessitore fa da Secondo Arbitro disponendo la sequenza delle spole (cioè dei colori), secondo il suo gusto e le sue regole Compositive: accodi e contrasti cromatici, simmetrie vere o false, oltre ai suoi vari totem culturali ed eventuali tabù formali.
Ma tutto è sottomesso alla regola maestra di tessere tutto, cioè senza escludere alcun elemento di un telo. Perciò certi pezzi o tappeti risulteranno più lunghi ed altri più corti: tutto dipende del telo di origine. Certi teli troppo corti, li si tesseranno insieme dentro a un unico pezzo, con ulteriori scelte o regolette.
Fin qui pare tutto ovvio: si tratterà in sostanza di un tappeto a fasce, il che è come dire a grossolane righe. Ma, pur avendo un suo ordito dal colore costante, ciascuna fascia o stringa non è mai omogenea cromaticamente e neppure del resto, materialmente, perché nella sua trama originaria si susseguono colori e fibre differenti. Questa sequenza è identica per tutte le stringhe del telo sottoposto a sezione. Così che poi, nel flusso delle spole, organizzato ora dal Secondo Arbitro, all'interno di ogni fascia compare un altro flusso: è la sequenza dei campioni originari, già organizzata da Primo Arbitro, con le sue regole di progettare un paradigma analitico di tessuti possibili, non un vero e solo tessuto. La sequenza compressa in ogni fascia rivela sempre gli stessi ritmi interni, che perciò si ripetono per ogni fascia, tra le variazioni dell'ordito variante.
Questo genera un ritmo complessivo, una composizione dove tutto-si-tiene, che per il Secondo Arbitro era solo vagamente prevedibile. E questo è il mistero della Trasfigurazione, che non significa tessere a casaccio e neppure obbedire a un disegno ma è piuttosto Coincidenza Organizzata.

(1) E' anzi il fondamento (e non certo il risultato) della cosiddetta sapienza dell'Homo Sapiens. Vedi "L'Essere e il Tessere" 2.2, Homo Textilis.

(2) Vedi Bruno Munari in "L'Essere e il Tessere" 10.4.1

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