lunedì 14 dicembre 2009

La pazienza nel Tessere & nell'Arte in generale

Quando un membro qualsiasi della tribù Industriale Globale mi vede che tesso al telaio, pensa sovente "Che lavoro noioso!" e poi sempre mi dice "Certo, ci vuole tanta pazienza". Allora rispondo "Come a tutti lavori"... è una frase che ho imparata da un Anziano. Certe volte mi informo sul posto di lavoro del mio interlocutore... così scopre lui esso, che è assai più paziente di me.

Non mi ritengo un essere molto paziente... sono anzi, piuttosto irascibile. Non amo lavorare ripetitivamente, ma cerco di creare ogni possibile eccezione. Credo che Paganini intendesse questo, nella sua frase "Paganini non ripete". Lui non intendeva proprio "io non concedo bis" ma "lo suono sempre diversamente", perché lui s'inventava sempre qualche novità. Qui non occorre affatto essere dei geni, mi sembra un fatto comune e naturale: pure l'Evoluzione della Natura fa sempre differenze nella ripetizione, generazione dopo generazione.

Nell'Industria è diverso: con l'automazione, ogni prodotto nasce fatto in serie. Certamente, anche l'Industria fa progressi: si considera il Progresso per definizione! Se ne occupa la casta degli Specialisti, gli esperti scienziati... pure loro assai pazienti nei loro esperimenti.
Mentre invece il musicista, lo sportivo e l'artigiano hanno la facoltà di sperimentare in proprio. Perciò loro non si annoiano a ripetere esercizi, allenamenti e operazioni: in realtà li sviluppano, non li ripetono affatto.

"Non è il desiderio di essere famosi ma è l'abitudine ad esser laboriosi, ciò che crea le grandi opere"... questa la disse Proust. Qui non occorre affatto essere dei geni: è quello che fanno, o che facevano, tutti i bambini. Quando sembra che essi godano a ripetere identico sempre lo stesso gioco, essi stanno studiando e sperimentando. "Sono stato bambino, mi sono divertito e lo sono rimasto", questa la disse Pinot Gallizio, che era un artista situazionista.

E occorrerebbe includere gli artisti, in questa faccenda della "ripetizione differenziale". La chiamerei così, per il momento, anche se il termine non è originale. Credo che lo coniasse il filosofo Deleuze. Lo avevo pure letto e portato a degli esami... sinceramente, mi fu poco digeribile però poi mi dispiacque, quando lui si suicidò, nonostante la sua ottima carriera.

Io conosco vari artisti, grandi piccoli, ho bazzicato un pochino l'ambiente. Oggi potrei dividerli in tre categorie: gli artisti industriali, gli artisti artigianali e poi quelli che pendono di qua e di là. Gli artisti industriali progettano ed escogitano: come quegli Specialisti che sono addetti al progresso industriale. Fanno anche loro un lavoro di cervello e perciò, giustamente, anch'essi si considerano degli intellettuali. Essi poi, in qualche modo, realizzano le opere che avevano pensato a tavolino. Spesso ricorrono alle famigerate tecniche miste, però questi artisti non si interessano tanto alle tecniche, più di quant'esse gli possano premettere di realizzare il loro progettato.

Del resto, anche Leonardo dipinse un muro a olio, invece che a fresco, per la celebre Cena. Tecnicamente è un solenne fallimento, che i committenti frati non gli perdonarono.
Però il Da Vinci, non è un puro artista industriale... del resto, all'epoca, ciò era a pena consentito: si era allora all'albore della borghesia. Lui fu un'artista misto, della terza specie: un poco artigianale e un poco industriale e intellettuale. Leo infatti lascia scritte queste parole sante: "la natura è ripiena di ragioni che non furono mai nell'esperienza".

Prevaricando poco sulla citazione, Leonardo scriverebbe che la ragione è sempre figlia dell'esperienza e che da questa, c'è sempre da imparare, dunque occorre tenersi in contatto con la natura. Per l'artista, la natura non è solo quanto arriva sotto gli occhi e che magari, lui può rappresentare. Qui la natura è pure la materia, con cui lui l'artista dovrebbe fabbricare: pietra, creta, pigmenti (io direi anche fili). Qui paradossalmente, pure Michelangelo, sostiene che "la statua sta già dentro nel marmo" e lui ne cava soltanto il soprappiù... a colpi di scalpello, mica ancora col pantografo, che oggi segue i rilievi di un modellino, comodamente modellato a tavolino.

Ed ecco finalmente, l'artista artigianale, che invece sarebbe il più antico di tutti gli altri. Lui prima, non sapeva di essere un artista: fabbricava degli oggetti, con le mani, come tutti... non era un essere privilegiato. Possedeva certe tecniche, per operare con certi materiali, come a dire: ragioni e natura. Che zappasse la vigna o dipingesse, che tessesse, scolpisse o cucinasse... lui poteva trovare delle nuove ragioni con l'esperienza... e ne approfittava. E anche lo sfizio di certe bellezze... e ne approfittava sempre, se non c'erano padroni a disturbarlo. Ogni autentica bellezza nasce proprio così. Ogni cucciolo umano incominciò così. Perché non continuare? Per pagarsi l'automobile e andarci a lavorare?

2 commenti:

DVK ha detto...

Ho letto il presente contributo sul numero 01 2010 di Tessere AMano, bollettino del coordinamento tessitori, da cui il Ghersi si dissocia, ma volevo lasciare un veloce commento comunque.
Ho sempre trovato l'intelligenza di Mastro Luciano un vivacissimo exemplum di indipendenza. Grazie di nuovo, se non si fosse capito ho trovato questa piccola "lectio magistralis" estremamente illuminante al punto che la sottoporrò ai miei allievi dell'Istituto Fermi di Pistoia a conclusione di un anno di lavoro sulla libertà di pensiero e di parola.

Luciano Ghersi ha detto...

onoratissimo.. :-)